Speciale: cinque infernali livelli da videogiochi platform
- Pasquale Palmiero
- 6 feb
- Tempo di lettura: 7 min
I platform sanno essere giochi divertenti e leggeri ma quando ci si mettono possono diventare un incubo anche per gli appassionatissimi del genere. È anche per questo che li amiamo così tanto. Ecco cinque dei livelli di platform più tosti da affrontare.
Il platform incarna la vera e propria essenza videoludica che lo rende più di un semplice “parti dal punto A e arriva al punto B”. La semplicità, l’immediatezza, il sentirsi a cuor leggero in un mondo vibrante e ricco di colori dove non vedi l’ora di vivere una bella avventura fino ai titoli di coda. Può capitare, però, e chi conosce il genere lo sa fin troppo bene, che ad un certo punto gli ostacoli da superare si facciano un pochino più complessi rispetto alle nostre previsioni e tutto ad un tratto ecco che ci ritroviamo bloccati in un punto o, peggio ancora, in un intero livello che si trasforma lentamente nell’incarnazione di un incubo che arriva a tormentarci per giorni.
In questo speciale scopriremo quali sono i livelli platform più difficili da affrontare sulla base della nostra esperienza. Per alcuni sono ancora vividi nella memoria flashback delle innumerevoli imprecazioni che li hanno accompagnati. Scrivere questo speciale è anche un modo per condividere la passione per uno dei più iconici quando si tratta di videogiochi.
Il capitolo 9 di Celeste: epilogo infernale ma gratificante
Celeste è un indie sviluppato da Extremely OK Games e pubblicato nel 2018. Il titolo si configura come un platform bidimensionale dove si vivono le avventure della protagonista Madeline che cerca di affrontare un’impresa quasi impossibile ovvero la scalata del monte Celeste. Il gioco è una toccante storia (e anche allegoria) sull’affrontare un male che ci può affliggere come la depressione e anche in un certo senso si riesce a capire, con tutte le difficoltà che ci sono, quanto sia davvero complesso affrontarla. Queste tematiche sono tradotte in un game design a “quadri” progressivi dove il fulcro dell’esperienza è provare e riprovare fino a che non si è arrivati fino alla fine (anche perché, quando si muore, non si riparte mai dall’inizio ma solo dal punto in cui si è in quel momento specifico).

Gli otto capitoli che erano presenti al lancio ci avevano completamente stregato non soltanto perché le eccellenti fluidissime meccaniche e il level design complesso, stimolante e sfidante ma anche dalla strepitosa colonna sonora ed estetica in pixel art. L’annuncio e la conseguente uscita di un ultimo capitolo, che ricopriva il ruolo di epilogo definitivo alla storia, nel 2019, innescarono un grande senso di curiosità, lasciandoci desiderosi di ritornare ad un gioco che avevamo amato tanto.
Il capitolo “Farewell” si rivelò, oltre le aspettative, un vero banco di prova anche per un giocatore avvezzo al genere come il sottoscritto. In questo livello “onirico” e distorto ci ritroviamo a rincorrere un uccello in una serie di quadri che si prendono la briga anche di introdurre meccaniche completamente inedite. Una scalata all’interno di questo sogno che si trasforma in un continuo mettersi alla prova e dove gli ostacoli da superare si fanno sempre più difficili, complessi e stratificati. Ci sono quadri che vi assicuriamo potrebbero richiedere addirittura tantissimi minuti del vostro tempo per essere superati ma la gratificazione di raggiungere il true ending è un’esperienza che merita assolutamente di essere vissuta.
Una volta arrivato alla fine mi resi semplicemente conto che Celeste fosse il mio gioco preferito di sempre e ancora oggi è lì fisso al primo posto.

Rayman (1995): leggenda senza arti ma non senza imprecazioni
Il primo Rayman è per chi vi scrive sempre speciale poiché uno dei titoli che lo ha battezzato videoludicamente parlando (insieme a un certo marsupiale che ritornerà più avanti in questo speciale). La creatura di Ubisoft (quando ancora ci sapeva fare) riusciva a catturare con tanta semplicità la magia di un regno fantastico e un immaginario sia sonoro che visivo che rimangono ancora unici dopo tantissimi anni. Un platform bidimensionale che non è invecchiato di una virgola e che ci lascia col desiderio di vederlo riproposto per essere scoperto dalle nuove generazioni.
Tra le magnifiche ambientazioni ricordiamo ancora le melodie calmanti della Landa della Musica che però, dopo il divertentissimo livello “Allegro Presto”, portarono ad uno dei primissimi muri che il sottoscritto superò dopo settimane. Non essendo completamente abile nell’arte del salto delle piattaforme al tempo, ricordo ancora come se fosse ieri l’incubo nell’affrontare non uno ma questa coppia di livelli brevi che si susseguono uno dietro l’altro.

Parliamo del livello “Gong Heights” seguito successivamente da “Mr. Sax Hullabaloo”. Il level design situato praticamente in un altissimo cielo tra le nuvole non perdonava assolutamente il minimo sbaglio e un singolo errore portava ad una caduta rovinosa e vertiginosa. L’insieme di piattaforme piccole ma sempre in movimento (tra i guanti normali e quelli in dissolvenza), quei maledettissimi monaci che spostavano in continuazione quei minuscolissimi bonghi, quelle teste di castagna con gli occhi che ruotavano, le sequenze a scorrimento automatico dove se sbagli sei finito e la ciliegina finale sulla torta con le sembianze di un ostico boss ci hanno insegnato quanto il tempismo (e soprattutto una grande pazienza) fossero qualità da imparare al più presto per governare questo genere di giochi. Una combo di livelli letale ma che risultò sicuramente istruttiva.

Jump King (tutto): i rage game non sono per tutti
Dai primi tentativi sui flashgames come “Cat Mario” e “I Wanna Be The Guy” capii che ogni volta sarebbe stato difficile per i miei nervi reggere questo tipo di approccio. La deriva “rage game” del genere Platform dove le meccaniche e i livelli sono studiati anche affinché il giocatore non abbia il totale controllo dei salti tra le piattaforme è ostica, e Jump King è un’esperienza da dimenticare totalmente per questo motivo.

La sadica avventura di Nexile ha come obiettivo il raggiungere la pulzella dalla stratosferica bellezza in cima ad una torre irta di pericoli e piattaforme che sono fatte apposta per farci arrabbiare brutalmente. Le meccaniche sono semplici: basta scegliere la direzione e caricare il tasto che permetterà al giocatore di regolare l’intensità e l’altezza del salto. Il tutto, però, è inserito in un contesto in continuo cambiamento, tra l’alternarsi di biomi e pendenze, dove al primo sbaglio c’è l’enorme rischio di mandare completamente a monte l’intero progresso fatto fino in quel momento. Esatto. Se sbagli rischi di tornare esattamente al punto di partenza e, se le prime volte la si prende anche con filosofia, dopo un po’ di tempo (e soprattutto se si ha l’illusione di riuscire ad arrivare ad altezze più elevate) ci si arriva a chiedersi perché facciamo parte di questo piano dimensionale. Finirlo è stata come una liberazione e un chiaro segnale che forse questo tipo di titoli non sono per tutti.

Super Meat Boy: il livello opzionale più folle di sempre
Dalla mente diabolica di Edmund McMillen (creatore anche successivamente del famosissimo Rogue-Like The Binding of Isaac) Super Meat Boy fu il seguito spirituale di un flashgame uscito nel lontano 2008. Le peripezie demenziali del cubo di carne Meat Boy per cercare di salvare la sua fidanzata Bandage Girl dalle grinfie del malefico Dr. Fetus si alternano in uno dei più classici level select tra un mondo e l’altro dove la complessità aumenta sempre più vertiginosamente.

All’interno dei livelli è possibile trovare un varco nascosto, detto “warp zone”, che permette di entrare in una dimensione parallela giocando anche con dei livelli a tema di particolari guest character (tra cui citiamo per esempio “Tim” che proviene dal famosissimo “Braid”). La warp zone del mondo 5 e del livello 7 è l’inferno in terra. Vestendo i panni di “The Kid” (guest character proveniente dal già citato flashgame cult “I Wanna Be The Guy”) è possibile vivere un’esperienza fatta di imprecazioni. Sembrano all’apparenza solo tre semplici schermate ma ecco che calcolare con precisione i salti millimetrici per evitare quegli spuntoni infami richiede, a momenti, elevate conoscenze di goniometria. Almeno, per gentile concessione divina, le vite sono infinite a patto che la vostra pazienza possa reggere lo sforzo emotivo.

Crash 4: il livello che quasi impedisce il platino
Crash, insieme a Rayman, ha avviato molti di noi alla sacra arte del salto delle piattaforme. Tant'è che l'affetto per il marsupiale concepito da Naughty Dog è a livelli stellarie risale spesso ai primi ricordi della nostra infanzia. La gioia che abbiamo condiviso nel rivedere l’operazione di rinascita del brand, grazie ai remake della trilogia originale e di CTR sotto l’egida di Activision, fu molta così come l’attesa per un quarto capitolo completamente nuovo. Non vedevamo semplicemente l’ora di prendere il controllo di Crash e vivere un’altra di quelle avventure strampalate.
Per quanto il titolo sviluppato da Toys for Bob sia riuscito a catturare virtuosamente lo spirito degli originali in termini di personaggi ed estetica dei livelli è anche doveroso sottolineare anche il malriuscito intento di rendere l’esperienza di completismo (che è un punto fondamentale per un ottimo videogioco Platform) hardcore: troppo, tanto da risultare fattibile soltanto per una stretta cerchia di videogiocatori. Ci siamo cimentati - nel caso del sottoscritto più per affetto nei confronti di questa saga e anche perché nel genere me la cavo molto - riuscendo ad ottenere il temutissimo trofeo di platino direttamente nel mese in cui fu rilasciato il gioco ovvero ad ottobre del 2020.

La difficoltà dei livelli, che incrementava gradualmente, diventava maggiormente palese nei momenti in cui dovevi ottenere le reliquie perfettamente N. Sane (tutte le gemme e casse senza mai morire) e le reliquie di platino (una prova a tempo veramente complessa). I problemi non erano insormontabili, così per dire, ma c’è stato un livello che quasi mi portò ad abbandonare la corsa per il platino. “Rush Hour” prevede un lunghissimo livello dove vestire i panni di due personaggi secondari (che in questo titolo diventavano giocabili come Tawna e Dingodile) e ci ho passato le ore per colpa della sua struttura malefica. Riuscire a trovare tutte le casse era un delirio e soprattutto maledico chi ha concepito il pezzo finale. Una schiera di veicoli che corrono verso la telecamera velocissimamente e arrivarci dopo circa una decina di minuti senza poter sbagliare causa al tuo corpo un’ansia che non augureremo nemmeno al peggior nemico. Difficilissimo capire capire i tempismi e sono caduto più volte in quel punto che in tutto il resto dell’esperienza nel gioco.

Questi erano i cinque infernali livelli da videogiochi platform. E voi? Quali sono i livelli che vi hanno fatto impazzire di più? Ditecelo nei commenti e vi aspettiamo al prossimo speciale!
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