Le Recensioni Non Richieste Di Tommy: Tekken
- Tommy D. Roses Meli
- 18 dic 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 21 dic 2020
🏴☠️ Attenzione, la seguente recensione non richiesta potrebbe contenere spoiler 🏴☠️

Eccovi qui, qual buon vento.
Oggi parleremo non di un gioco solo, ma di un'intera saga di videogame, tutti fottutamente uguali tra loro. Si sono reiterati per decenni, generando drammi familiari, divorzi, lotte di quartiere, guerre civili, rivolte. Il tutto premendo selvaggiamente tasti a cazzo sul pad ed esultando rumorosamente davanti all'avversario sconfitto, generando una gara di umiliazioni continue in perfetto stile Adriano Pappalardo.

Naturalmente, sto parlando del picchiaduro arcade per antonomasia: Tekken.
Tutto partì ad inizio anni '90 nelle vecchie sale giochi, quando dovevamo infilare 200 lire e scegliere tra un manipolo di personaggi ispirati a... tutto. Alla Namco hanno preso spunto praticamente da qualsiasi cosa. I plagi più riconoscibili sono camuffati con nomi poco sospetti, giusto per evitare di pagare il copyright.
Un'accozzaglia di attaccabrighe, tra cui: robot, orsi, scolarette in gonnella, vecchi arzilli, diavolacci cornuti, dinosauri col meteorismo, canguri coi guanti, gatti con gli stivali, maiale coi tacchi.
Dei suddetti lestofanti abbiamo scoperto esserci un background, che negli anni è stato arricchito così tanto da concorrere con Beautiful, producendo una collana letteraria, fumetti ed un pessimo film in live action.

La storia ruota attorno alla ricca famiglia Mishima, dotata del gene della cazzimma che li imbruttisce parecchio. Per questo ed altri motivi, sono in continua lotta tra loro. Padri che gettano figli nei vulcani, che tornano per vendicarsi coi nipoti, i quali odiano i padri ma anche i nonni, che li detestano a loro volta. Insomma, la famiglia del Mulino Bianco. Eventi carichi di aria fritta per giustificare un torneo in cui "i cappioni del boddo" si riuniscono ciclicamente per prendersi a sberle.
Un po' quello che succede nel baretto dietro casa mia quando danno la Champions. In Tekken, nessuno muore davvero. E nessuno invecchia, pur avendo una storyline spalmata in una finestra di almeno trent'anni. Persino il gameplay è rimasto più o meno lo stesso: una volta sfondata la guardia, tieni in aria il tuo inerme avversario a scarpate (o dei delicati pugnetti, l'effetto è lo stesso). Ignora le leggi della fisica e premi cose a caso per eseguire elegantissime evoluzioni che non saprai mai più ripetere. Oppure sbattiti, e passa mesi a studiare tutte le combo come un vero invasato, per poi perdere miserabilmente contro tuo cugino di 7 anni col moccio al naso, che sceglie Eddie e ti fa il culo a strisce.

Deliziatevi con sfide secondarie aggiunte dalla Bandai/Namco per allungare il brodetto, quali: pestare soldati armati per strada, pestare un pallone, giocare a bowling (...?), giocare a carte, e molte altre deiezioni atte a giustificare il prezzo del gioco.
Ma analizziamo nel dettaglio questo ricettacolo di delinquenza:
Kazuya Mishima: Già dal nome capiamo che è cazzuto, potente e cattivo come lo smog. Quando s'incazza diventa tutto blu, e pesta come un fabbro.
Heihachi Mishima: Il babbo del Cazzuia, più vecchio, più corrotto, più stronzo. Ha ispirato l'acconciatura del cantante dei Prodigy (rip).

Jin Kazama: scovato dopo lo spot del Rio Mare Snack, si scopre essere figlio del Cazzuia. Quando si imbruttisce, diventa un essere alato e cornuto che spara raggi dagli occhi e ti manda in prognosi riservata. Paul Phoenix: uno smargiasso americano con un secchio di capelli in testa. Ha i pugni nelle mani.
King: ha tanti amici, grande la bontà, ma col nemico non ha pietà.

Nina Williams: una turbognocca che diventerà sempre più gnocca nonostante passino diversi decenni tra il primo e l'ultimo gioco uscito. Talmente rifatta che, alla sua morte, non sapranno se gettarla nell'umido o nella plastica.
Anna Williams: mena come la sorella, ma essendo meno gnocca, non viene scelta da nessuno.
Jack: un robot militare con cresta punk e grosso come un furgone. Prima t'ammazza, e poi ti fa male.

Lei: in realtà è un lui. Un vero asso nel lavare i pavimenti e nel fare sgambetti. Efficace su qualunque tipo di superficie.
Eddy Gordo: il cliché del ballerino brasiliano palestrato. Esperto nel far saltare i nervi agli avversari.
Ganryu: il pizzaiolo più svelto di Napoli est, ha un master in manate.
Kuma: un grizzly che ti pesta. E niente, non è abbastanza interessante?
Yoshimitsu: una specie di ninja futuristico, o qualcosa del genere. Esistono mille versioni differenti, che fanno di lui uno dei pochi punti di riferimento per differenziare un Tekken dall'altro. Per utilizzarlo, è richiesta una laurea in pazienza.
Lee/Violet: questo campione d'umiltà appassionato di tinte Garnier, ha il vizietto di prendere a schiaffi la gente con i piedi.
Marshall Law: dalla Cina col furgone. Il più grande plagio nella storia dei videogame.
Forest Law: clone o figlio di Marshall, o padre del figlio del clone, insomma hanno fatto un copia/incolla. Il plagio nel plagio.
Michelle Chang: una instagram model in shorts, provviene dalla parte cinese dell'Arizona.
Christie Monteiro: altra instagram model, ma brasiliana. Nonostante si muova lesta e sia vestita con due stracci, non vedrete mai nemmeno l'accenno di un capezzolo.
Wang Jinrei: grande ritorno del maestro Miyagi, solo che stavolta la cera te la mette direttamente nell'esofago.
Roger: non picchieresti mai un canguro. Lui invece si. Steve Fox: ... non glieli vedi nemmeno arrivare.
Bryan Fury: grosso, incazzoso, per anni è stato sfruttato come strumento di demolizione nei cantieri edili.

Alex: Si, un velociraptor coi guantoni da pugile. Non ti morde, non ti mangia. Ti legna.
Gon: un altro dinosauro, ma questo è alto trenta centimetri ed emana esalazioni tossiche da ogni orifizio.
Panda: lui non se ne sta in posizione fetale a mangiare bambù, lui il bambù te lo spacca dietro l'orecchio.
Hwoarang: imparereai ad usarlo prima di imparare a pronunciarlo. Abilissimo nello svitare i tappi delle bottiglie con i piedi.
Xiaoyu: una combattente che veste alla marinara. Sarebbe capace di pestare Jean Claude Van Damme fino a fargli cacare sangue.
Mokujin: Miocugino (tradotto dal cinese antico) è un pezzo di legno che ti prende a scarpate nelle gonadi e te le spara direttamente dove prima avevi le tonsille. Imita le mosse random degli altri personaggi, col risultato che, ad ogni round, nessuno capirà un cazzo.

Questi ed altri sono i protagonisti di una saga che ha ridefinito un genere, diventando una pietra miliare del mondo dei piacchiaduro e dei videogame per estensione. Ad eccezione del comparto grafico, però, l'evoluzione del gioco non è stata così rilevante, nonostante ne siano usciti almeno una decina, tra la saga principale ed i vari tag tournaments.
E' anche vero che il giocatore medio che compra Tekken, vuole Tekken.
Non vuole una cosa diversa, vuole esattamente la stessa identica minestra riscaldata, proprio come una casalinga che guarda Barbara d'Urso.
Il gioco ideale per ubriacarsi e picchiarsi in una serata ignorante tra amici, dove i perdenti che verranno umiliati e mortificati saranno costretti a vivere il resto dei loro giorni in una vasca di amarezza.
Tommy R. M.
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