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Le Recensioni Non Richieste Di Tommy: Tekken

Aggiornamento: 21 dic 2020

🏴‍☠️ Attenzione, la seguente recensione non richiesta potrebbe contenere spoiler 🏴‍☠️

Ore ed ore per scegliere il tuo combattente, ma sappiamo bene che userai sempre il solito. MUOVITI CRISTO

Eccovi qui, qual buon vento.

Oggi parleremo non di un gioco solo, ma di un'intera saga di videogame, tutti fottutamente uguali tra loro. Si sono reiterati per decenni, generando drammi familiari, divorzi, lotte di quartiere, guerre civili, rivolte. Il tutto premendo selvaggiamente tasti a cazzo sul pad ed esultando rumorosamente davanti all'avversario sconfitto, generando una gara di umiliazioni continue in perfetto stile Adriano Pappalardo.

Naturalmente, sto parlando del picchiaduro arcade per antonomasia: Tekken.

Tutto partì ad inizio anni '90 nelle vecchie sale giochi, quando dovevamo infilare 200 lire e scegliere tra un manipolo di personaggi ispirati a... tutto. Alla Namco hanno preso spunto praticamente da qualsiasi cosa. I plagi più riconoscibili sono camuffati con nomi poco sospetti, giusto per evitare di pagare il copyright.

Un'accozzaglia di attaccabrighe, tra cui: robot, orsi, scolarette in gonnella, vecchi arzilli, diavolacci cornuti, dinosauri col meteorismo, canguri coi guanti, gatti con gli stivali, maiale coi tacchi.

Dei suddetti lestofanti abbiamo scoperto esserci un background, che negli anni è stato arricchito così tanto da concorrere con Beautiful, producendo una collana letteraria, fumetti ed un pessimo film in live action.


I Mishima in coda per l'esame della prostata

La storia ruota attorno alla ricca famiglia Mishima, dotata del gene della cazzimma che li imbruttisce parecchio. Per questo ed altri motivi, sono in continua lotta tra loro. Padri che gettano figli nei vulcani, che tornano per vendicarsi coi nipoti, i quali odiano i padri ma anche i nonni, che li detestano a loro volta. Insomma, la famiglia del Mulino Bianco. Eventi carichi di aria fritta per giustificare un torneo in cui "i cappioni del boddo" si riuniscono ciclicamente per prendersi a sberle.

Un po' quello che succede nel baretto dietro casa mia quando danno la Champions. In Tekken, nessuno muore davvero. E nessuno invecchia, pur avendo una storyline spalmata in una finestra di almeno trent'anni. Persino il gameplay è rimasto più o meno lo stesso: una volta sfondata la guardia, tieni in aria il tuo inerme avversario a scarpate (o dei delicati pugnetti, l'effetto è lo stesso). Ignora le leggi della fisica e premi cose a caso per eseguire elegantissime evoluzioni che non saprai mai più ripetere. Oppure sbattiti, e passa mesi a studiare tutte le combo come un vero invasato, per poi perdere miserabilmente contro tuo cugino di 7 anni col moccio al naso, che sceglie Eddie e ti fa il culo a strisce.

Tekken Ball. Il titolo dice tutto.

Deliziatevi con sfide secondarie aggiunte dalla Bandai/Namco per allungare il brodetto, quali: pestare soldati armati per strada, pestare un pallone, giocare a bowling (...?), giocare a carte, e molte altre deiezioni atte a giustificare il prezzo del gioco.



Ma analizziamo nel dettaglio questo ricettacolo di delinquenza:

Kazuya Mishima: Già dal nome capiamo che è cazzuto, potente e cattivo come lo smog. Quando s'incazza diventa tutto blu, e pesta come un fabbro.

Heihachi Mishima: Il babbo del Cazzuia, più vecchio, più corrotto, più stronzo. Ha ispirato l'acconciatura del cantante dei Prodigy (rip).

Jin Kazama durante la gavetta in TV

Jin Kazama: scovato dopo lo spot del Rio Mare Snack, si scopre essere figlio del Cazzuia. Quando si imbruttisce, diventa un essere alato e cornuto che spara raggi dagli occhi e ti manda in prognosi riservata. Paul Phoenix: uno smargiasso americano con un secchio di capelli in testa. Ha i pugni nelle mani.

King: ha tanti amici, grande la bontà, ma col nemico non ha pietà.