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A Jeff Bezos non piace il modo in cui state usando Alexa

Ad Amazon sono veramente delusi dalle vostre continue domande inutili ad Alexa e dalle vostre richieste di avviare la playlist “best of Trucebaldazzi”. Insomma, diciamo che Jeff Bezos l’aveva ideata per altri utilizzi.



Dopo Meta e Twitter, anche Amazon ha annunciato un grosso taglio del personale che si aggirerebbe intorno ai 10.000 licenziamenti, equivalenti al 3% della forza lavoro dell’azienda a livello globale.


I licenziamenti si concentrerebbero nei settori delle risorse umane, del commercio al dettaglio e dei dispositivi elettronici.

Proprio quest’ultimo settore sarebbe quello che ha attirato la maggioranza delle attenzioni degli investitori e degli appassionati di tecnologia poiché rappresenta quella che lavora all’assistente vocale Alexa e la linea Echo.


La notizia è molto rilevante poiché la divisione Alexa era quella che nei report di Amazon è considerata come tra le più futuristiche e ambiziose della compagnia.

Eppure, proprio il gioiellino che nelle previsioni di Jeff Bezos sarebbe diventato il secondo strumenti maggiormente utilizzato dagli utenti dopo lo smartphone sarebbe diventata una vera e propria spina nel fianco per le finanze del colosso statunitense.


Secondo il report “Paywall” di Business Insider, il reparto “Worldwide Digital” che comprende oltre ad Alexa anche il servizio Amazon Prime Video sarebbe attualmente in perdita, con più di 3 miliardi di dollari di persi solo nel primo trimestre del 2022. La maggior parte di queste perdite sarebbe imputabile proprio all’assistente vocale Alexa.


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Secondo il report di Business Insider, tra le principali motivazioni dietro il fallimento di Alexa ci sarebbe unavisione totalmente sbagliata dell’attuale società, vista dai piani alti di Amazon come non ancora pronta a comprendere il potenziale degli assistenti vocali.


Sembra infatti che il fallimento di Alexa non si trovi nel prodotto in sé bensì nell’uso che gli utenti ne fanno.

I prodotti Echo sono infatti tra quelli più venduti da Amazon, grazie ai prezzi molto bassi e alla posizione strategica sul sito dell’azienda. La questione è che Amazon vende solitamente i prodotti Echo a prezzo di produzione, quindi senza alcun margine di guadagno, poiché l’azienda non punterebbe a guadagnare dalla vendita diretta del prodotto, ma dalle spese che l’utente farà utilizzando il servizio Alexa.


Ed è qui che vi è un enorme problema per Amazon.


Secondo i dati forniti da Business Insider, Alexa riceve più di un miliardo di interazioni a settimana, ma la maggior parte di queste sono relative a cose futili come il meteo, l’orario o la richiesta di far partire una playlist musicale.

Un utilizzo per nulla profittevole e che nei piani di Amazon sarebbe dovuto essere minimo.

Altri utilizzi come ordinare cibo, effettuare acquisti su Amazon o acquistare servizi Amazon, non sono entrati nella quotidianità degli utenti.

Ironicamente era proprio su queste abitudini che i manager di Amazon avevano scommesso.


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A influire vi sono sicuramente la scarsa cultura tecnologica dell’utilizzatore medio di Alexa, ma anche i limiti tecnici dell’assistente vocale, il quale riesce a comprendere quasi tutto ciò che viene richiesto ma presenta ancora una enorme mancanza di espressività e spontaneità.


Amazon potrebbe provare a mettere una pezza a tale problema dotando Alexa di tecnologie più avanzate e puntando tutto su una IA maggiormente articolata, tuttavia in quel caso il rischio sarebbe di avere un assistente vocale meno prevedibile e controllabile, sia sul piano delle risposte quanto dei contenuti che potrebbe proporre agli utenti.


Insomma, ad Amazon conviene molto di più dare ai consumatori un prodotto in grado di dare il via a delle playlist e dire il meteo anziché un prodotto più articolato che potrebbe proporre contenuti osceni o violenti.


Da sottolineare è come la crisi di Alexa non sia un caso isolato nel mondo degli assistenti vocali. Negli ultimi mesi anche Google e Apple hanno annunciato tagli al budget e al personale stanziato sui prodotti Google Assistant e Siri.

Apple sopratutto sembra ritrovarsi in una voragine di perdite obbligatorie poiché Siri, esattamente come Alexa, non sarebbe utilizzata dagli utenti nel modo in cui l’azienda della mela aveva previsto.

A dimostrazione delle difficoltà incontrate da Apple con Siri vi è il fallimento di HomePod, una cassa Bluetooth pensata per funzionare con Siri, che non ha avuto il successo sperato.


Tuttavia, mentre Apple riesce a coprire le perdite con le vendite dei suoi prodotti e dell’utilizzo quotidiano di Siri su smartphone, le perdite di Alexa sembrano aver colpito in un modo più duro Amazon.


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Il colosso dell’e-commerce stava già fronteggiando una serie di perdite relativa all’espansione effettuata in maniera troppo veloce durante la pandemia. Tant’è che sono decine di migliaia i lavoratori stagionali o non assunti direttamente da Amazon ad essere stati licenziati nel 2022, mentre secondo il New York Times, sarebbero diverse migliaia anche le assunzioni bloccate nei settori manageriali e del cloud computing.


A tutto ciò vanno aggiunte le chiusure o il ridimensionamento di: Amazon Care, il servizio che avrebbe dovuto dare assistenza sanitaria a distanza, a causa del mancato raggiungimento di un numero di utenti soddisfacente; Scout, il robot creato da Amazon per il delivery dei suoi prodotti in città; e Fabric.com, un sito che ha venduto prodotti per la sartoria negli ultimi trent’anni.


Questi investimenti fallimentari si vanno ad aggiungere a quelli fatti su Alexa, che nonostante la quantità immane di soldi investiti non è riuscita nemmeno a vincere la sfida dei principali assistenti vocali, arrivando a 71,6 milioni di utenti, contro i 77,6 milioni di Siri e gli 81,5 milioni di Google Assistant.





 
 
 

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