Con la presentazione di Assassin’s Creed Mirage, Ubisoft conferma di avere avuto la stessa sensazione dei fan (o di aver semplicemente recepito il loro feedback): l’unico modo per donare nuovamente lustro alla serie è tornare alle origini.
Sia chiaro, da Origins a Valhalla, passando per Unity, non si può parlare di giochi di bassa qualità o che non offrano intrattenimento; tuttavia, è palese per la maggior parte dei videogiocatori che se non possiamo definirli tali, è anche vero che non possiamo etichettarli come impeccabili.
Chi non ha mai rinunciato alla saga – nonostante le stancanti uscite, in alcuni periodi quasi annuali – avrà avuto più volte questa stessa sensazione: il nuovo Assassin’s Creed è bello, il nuovo gioco mi diverte… ma tra due anni, ricorderò poco e nulla dello stesso.
Il ciclo si ripete ad ogni release:
Unity funziona in termini di ambientazione e narrativa, le strade di Parigi sono affolate e dense di vita, i personaggi sono amabili, ma nulla lascia il segno;
Syndicate offre una Londra ispirata e una sceneggiatura ben orchestrata, ma i problemi tecnici sono evidenti, e in alcune fasi rischiano addirittura di rovinare l’esperienza di gioco;
Origins gode di una trama meravigliosa, danneggiata dalla decisione di Ubisoft di sostituire Aya come protagonista con un Bayek che sarebbe dovuto morire a inizio gioco (una scelta palesemente dettata da fattori non collegati all’effettiva qualità del gioco, cosa che diviene palese quando si giunge alle fasi finali e si comprende l’importanza di Amunet);
Odyssey con un’esplorazione meravigliosa, delle ambientazioni pazzesche e una Kassandra che si fa amare e ricordare nonostante la trama poco memorabile;
Valhalla che confonde il piacere del giocatore di esplorare il Peloponneso con Aleksios e Kassandra per centinaia di ore con il desiderio di affrontare una lenta e tediosa trama che sembra non giungere mai al termine.
Ne emerge un quadro confusionario, in cui Ubisoft stessa sembra non essere in grado di comprendere esattamente che direzione dare alla serie. Il fatto stesso di aver annunciato così tanti titoli insieme durante l’evento dedicato ad essa, pur non avendo nulla da mostrare, potrebbe rafforzare questa sensazione.
Andiamo a vedere se si tratta davvero di questo e come le scelte di Ubisoft potrebbero già star influenzando il futuro della saga.
I titoli annunciati durante l’evento dedicato ai quindici anni di Assassin’s Creed
Assassin’s Creed Mirage | La prossima avventura principale nella serie, che seguirà la carriera da assassino di Basim Ibn Ishaq, come vedremo nel seguito. |
Assassin’s Creed Valhalla The Last Chapter | Ultima espansione gratuita prevista per Valhalla, con missioni addizionali. Il lancio è previsto entro il 2022. |
Assassin’s Creed Codename Jade | Antica Cina del 215 A.C., è pensato per adattare l’esperienza di gioco open world RPG su mobile. Primo titolo in cui sarà possibile creare il proprio personaggio. |
Assassin’s Creed Codename Red | Una entry principale nella saga che permetterà al giocatore di vivere una fantasia shinobi ambientata nel Giappone feudale. |
Assassin’s Creed Codename Hexe | Titolo principale all’interno della saga con un’ambientazione poco noto, ma delle premesse cupe e un genere differente. |
Assassin’s Creed Infinity | Un hub pensato per tutte le piattaforme che consenta ai giocatori di accedere a contenuti dedicati alla saga. |
Le premesse di Mirage evidenziano il ritorno al passato
Al netto di qualche considerazione negativa sulla presentazione, costituita unicamente da un cinematic trailer (non è una novità per la saga, spesso Ubisoft ne ha introdotto i titoli con un teaser cinematografico per presentare il gameplay ad eventi successivi), le premesse sono vincenti.
Si parte da una ambientazione vicina all’Oriente del primo titolo mai rilasciato: una Baghdad del IX secolo, in cui Basim Ibn Ishak, già convincente in Valhalla, si trasforma nel personaggio principale. Sulla scia di uno dei più amati primi titoli della serie, Mirage segue l’esempio di Brotherhood: vengono abbandonate enormi mappe regionali e nazionali, in favore di una sola città, che con i suoi quattro distretti diventerà cuore della narrazione delle vicende (proprio come la Roma che ha ospitato Ezio).
Anche dal punto di vista della trama, l’apertura viene abbandonata per tornare ad un approccio più conciso e di natura lineare: il nostro viaggio a Baghdad avrà una durata approssimativa di 15-20 ore, in maniera similare alle vicende dei titoli che hanno reso famosa la serie. Viene certamente abbandonata così l’odissea quasi estenuante che ha caratterizzato il titolo ambientato in Grecia (non casualmente titolato Odyssey) e Valhalla. La scelta è sensata non soltanto per motivi nostalgici, ma proprio perché molti giocatori, giunti al termine di questi due viaggi si sono trovati a domandarsi: tutte queste ore di narrazione erano realmente necessarie? Hanno lasciato un concreto segno?
Il più grande conforto che troviamo, tuttavia, nelle dichiarazioni di Ubisoft riguarda le dinamiche di gameplay.
La saga che ha visto le origini nel 2007, è immediatamente divenuta nota al pubblico per il modo in cui poneva le proprie radici in un stealth che dava al giocatore la sensazione di essere egli stesso un assassino. L’identificazione del bersaglio, l’osservazione dell’ambiente, la fuga dopo un obiettivo centrato… tutti questi elementi hanno perso centralità nella modalità di gioco di Assassin’s Creed, e seppure è vero che è spesso lasciata al giocatore la scelta sul tipo di approccio da utilizzare sia nella maggior parte delle missioni principali, sia nelle attività secondarie, i più recenti titoli hanno fatto comprendere a chi aveva il pad tra le mani che il level design, affrontato con l’approccio stealth, non forniva più quella sensazione di immedesimazione e, al netto di essa, era diventato sconveniente.
Ubisoft Bordeaux specifica, tuttavia, che Mirage sarà diverso.
La struttura del gioco sarebbe infatti pensata per favorire nuovamente l’azione furtiva e ripristinare l’originale ciclo d'azione degli assassini, per il quale essi sono diventati noti: identificazione, uccisione, fuga sfruttando l’ambiente circostante. Per animare questo aspetto del gameplay, gli abitanti di una popolosa e densa Baghdad (un contrasto netto con gli open world enormi ma spesso vuoti degli ultimi titoli) reagiranno alle nostre azioni e commenteranno, un po’ in maniera similare a quanto accadeva frequentemente nella Firenze di Ezio Auditore. I nemici sulle nostre tracce o insospettiti dalla nostra presenza non solo ci inseguiranno, ma analizzeranno l’ambiente per scovare i nostri nascondigli.
Le dinamiche che Ubisoft sottolinea non hanno nulla di particolarmente innovativo, ed anzi, esistevano all’interno di questo specifico franchise già da un decennio, tuttavia, essendo esse caratterizzanti dei titoli che hanno portato la saga al successo, è piacevole non solo confrontarsi di nuovo con esse ma scoprire in che modo vengono implementate sulle nuove piattaforme ed in che modo sfruttano il potere delle nuove tecnologie, soprattutto per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Ad esempio, lo studio di Bordeaux ha già precisato che il parkour e l’attraversamento saranno velocizzati per consentire al giocatore fughe rapide ed agili.
Non resta che vedere quanti di questi elementi riceveranno effettivamente un trattamento evolutivo oltre che un richiamo nostalgico.
La strategia ‘alla Capcom’
Parallelamente a Mirage, Ubisoft si è dilettata con gli annunci che vi abbiamo riportato in tabella.
A primo acchito, questo approccio potrebbe non sembrare una buona strategia e insediare dei dubbi nei fan su quanto chiare siano le intenzioni di Ubisoft riguardo la serie; tuttavia, è possibile che a lungo termine questo cambio di direzione favorisca la soddisfazione del fandom degli assassini.
In una precedente occasione, vi abbiamo parlato della strategia diversificata di CAPCOM nella gestione dei titoli annunciati e in sviluppo (potete leggere l’articolo qui): l’azienda nipponica ha negli ultimi anni proposto una strategia che fonde l’innovazione al richiamo nostalgico, tenendo su due binari paralleli i propri prodotti, così da soddisfare sia chi è stanco della solita formula, sia chi proprio non riesce a rinunciarvi. L’abilità di riuscire a gestire i remake di Resident Evil nel rispetto delle origini della saga e allo stesso tempo nuovi titoli che modificano drasticamente ogni aspetto non è da sottovalutare, soprattutto quando il risultato è così soddisfacente.
Ubisoft potrebbe star muovendosi nella stessa direzione: presentare contemporaneamente un titolo di piccole dimensioni incentrato sulla narrativa, un open world esplorativo e un Hexe dall’approccio mai considerato prima per la saga dimostra un interesse a soddisfare diverse sottocategorie: coloro che sono unicamente nostalgici delle avventure di Ezio e Altair, e che non riescono ad accettare le nuove formule open world; coloro che sono stati attratti dalla saga solo negli ultimi anni, affascinati dalle bellissime mappe di Origins, Odyssey e Valhalla; coloro che non hanno mai giocato ad Assassin’s Creed e potrebbero abboccare all’esca di un titolo più dark e dal gameplay completamente differente.
E perché no, qualcuno che, per semplice curiosità, deciderà di provarli tutti, trovando nella differenziazione dei generi uno stimolo all’acquisto.
Le premesse sono interessanti e lasciano intuire che la saga di Assassin’s Creed è ben lungi dall’essere abbandonata. Tuttavia, siccome Ubisoft non è impeccabile e ha molta carne a cuocere su diversi fronti oltre la serie degli assassini, resta da verificare se queste premesse si trasformeranno in risultati. Il piano è chiaro, ma bisognerà valutarne l’esecuzione a conti fatti.
Ciò che conta è la consapevolezza
Ci troviamo dunque dinanzi ad un ventaglio di opportunità che grava pesantemente su una consapevolezza che, almeno all’apparenza, sembra ben salda: il pubblico videoludico al quale Assassin’s Creed strizza l’occhio è variegato, e l’unico modo di mettere tutti d’accordo è riuscire a dare ad ognuna di queste fazioni interne ciò che desidera.
Ubisoft non ritiene di voler abbandonare la forma dei giganteschi open world dai paesaggi memorabili, e perché dovrebbe quando funzionano abbastanza da imprimersi nella memoria del giocatore? Allo stesso tempo, avverte però la necessità di ricercare qualcosa che resti nel cuore di chi ha il pad tra le mani anche per la narrazione e il sentimento del titolo, e perché cercare qualcosa di nuovo quando Assassin’s Creed si è dimostrato capace di fare ciò sin dalle sue origini?
Con l’auspicio che questa ramificazione dei titoli porti a risultati ben diversi da Valhalla, che ha forse tentato un po’ goffamente di essere entrambe le cose allo stesso tempo, diamo ad Ubisoft la nostra fiducia sperando di non dover mai dire di questa saga ‘requiescat in pace’.
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