James Cameron: la carriera di un genio visionario
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James Cameron: la carriera di un genio visionario

In occasione del ritorno di Avatar al cinema prevista per il 22 settembre, ripercorriamo la carriera di uno dei più importanti cineasti d’oltreoceano dai suoi esordi come addetto agli effetti speciali fino al campione d’incassi del 2009.

 

Gli esordi nel mondo della Settima Arte: gli effetti speciali e Piranha Paura

Nato in Canada nel 1954, James Cameron studiò inizialmente fisica al Fullerton College (California) nel 1973 per poi passare alla facoltà di lettere, terminando gli studi nel 1974 senza mai laurearsi.


Fu l’uscita di Guerre Stellari (1977) a far compiere il grande salto nel mondo della celluloide al ventitreenne Cameron. Grazie al film di George Lucas, infatti, la passione del giovane Jim per il cinema esplose definitivamente.


Nel 1978, grazie a ventimila dollari racimolati con il contributo di un consorzio di dentisti californiani, il futuro regista di Titanic dirige Xenogenesis, un cortometraggio di dodici minuti che non convinse per niente i finanziatori del progetto ma che attirò l’attenzione del grande Roger Corman, il mammasantissima dei B-Movie americani.


Attirato dal talento e dal potenziale di un acerbo Cameron, Corman gli affidò inizialmente la supervisione degli effetti speciali de I Magnifici Sette nello Spazio (Battle Beyond the Stars, 1980) e di 1997: Fuga da New York (1981), capolavoro indiscusso del maestro John Carpenter, tra gli altri.

La sua prima volta dietro ad una macchina da presa, tuttavia, avvenne nel 1982 col sequel di Piranha (film di Joe Dante del 1978) intitolato Piranha II: The Spawning, da noi tradotto semplicemente come Piranha Paura e prodotto da Ovidio G. Assonitis, storico produttore statunitense di origine greca.


Nonostante la raccomandazione di Corman, la lavorazione del film si rivelò un vero e proprio incubo per il giovane James: arrivato alle isole Cayman per la produzione, Cameron trovò un’intera troupe italiana ad attenderlo (con il quale il nostro ebbe non pochi problemi di comunicazione) e fu licenziato dopo soli otto giorni di riprese per divergenze creative con Assonitis, che accusava il neo regista di essere “troppo metodico e troppo pignolo per un film di serie B”.


Cameron si recò ciò nonostante a Roma per assistere al montaggio del film, che comunque gli fu negato.


Oltre al danno c’è anche la beffa, il nome del regista nei titoli del film (pur avendo girato poco e niente) solo per via di un accordo di Assonitis con la Warner Bros, di fatto il solo modo che ebbe il produttore di distribuire il film negli Stati Uniti (che a posteriori fu massacrato da critica e pubblico) era quello di avere nei credit il nome di un regista d'oltreoceano.


Senza lavoro, senza soldi e con la delusione cocente a farla da padrona, Cameron si ritrovò da solo in una camera d’albergo a Roma in preda ai deliri di una febbre da intossicazione alimentare quando, in sogno, gli apparì l’idea che da lì a poco gli cambierà la vita per sempre: un minaccioso scheletro di metallo armato di coltello esce dalle fiamme pronto a colpire.


La mattina seguente, Jim disegnò quel personaggio e iniziò a lavorare alla sceneggiatura preliminare di uno dei suoi film di maggior successo, nonché caposaldo della fantascienza degli anni 80…


Il sodalizio con Gale Anne Hurd e la nascita di Terminator

Lo script di Terminator fu ultimato sul finire del 1982, Cameron vendette i diritti del film alla storica collaboratrice di Roger Corman, Gale Anne Hurd (che poi divenne sua moglie), per un solo dollaro.

La Hurd, dal canto suo, accettò la condizione di Cameron: il film doveva assolutamente dirigerlo lui.


Fu la ormai defunta Orion Pictures ad interessarsi alla sceneggiatura, concedendo a Cameron un budget non altissimo ma sufficiente per ingaggiare Arnold Schwarzenegger nel ruolo del cyborg.


All’epoca la quercia austriaca era lanciatissimo al cinema, forte del successo di Conan il barbaro (1982), la fisicità e lo sguardo impenetrabile del monolitico Schwarzy furono uno dei tanti motivi per cui la pellicola fece un successo incredibile al botteghino.

Terminator mischia sapientemente la fantascienza con l’horror e l’azione, in un crescendo di tensione e violenza senza precedenti.

Esattamente come il cyborg protagonista (anzi, antagonista), è un film che non scende a compromessi: non ha pietà per i deboli, non scende a patti con nessuno, i morti ammazzati nella pellicola si contano a decine (come la mattanza nel distretto di polizia), il sangue scorre a fiumi ed è estremamente poetico e nichilista nella sua previsione apocalittica del mondo.


Il successo di pubblico e critica fece sì che il nome di Cameron iniziò a circolare ai piani alti delle più grandi major, pronti ad accaparrarsi i servizi di un giovane regista visionario in rampa di lancio.


Aliens: questa volta è guerra


Reduce dal successo di Terminator, Cameron scrisse la sceneggiatura di Rambo 2 – La vendetta, film che fece enormi incassi al botteghino e che permise a James di fare un ulteriore passo verso il successo, nonostante lo script di Rambo 2 fu ampiamente rimaneggiato e semplificato da Sylvester Stallone in persona, famoso all’epoca per essere considerato dagli addetti ai lavori come una primadonna capricciosa.


Fu nientemeno che la 20th Century Fox, nel 1986 a commissionare a Cameron la regia del sequel di Alien (1979) di Ridley Scott.


Ambientato cinquantasette anni dopo gli eventi del primo film, in Aliens ritroviamo un’agguerrita Ripley (Sigourney Weaver) affrontare i demoni del suo passato insieme ad un plotone di marines coloniali, dispiegati su LV-426 alla volta di una colonia di cui si sono perse le tracce.


Più grande, più ambizioso e più dinamico, Aliens differisce dal capostipite di Scott non tanto per i toni oscuri quanto per la massiccia presenza di sequenze action, con i malcapitati marines a fare da carne da macello agli infidi xenomorfi (e la S plurale del titolo è piuttosto esplicativa in tal senso).


La produzione del film, tuttavia, nella fase iniziale dei lavori si rivelò piuttosto travagliata, con un James Cameron stizzito dai metodi lavorativi della troupe inglese dei Pinewood Studios, abituata a dei ritmi completamente diversi rispetto alla metodologia di lavoro impregnata dalla nota pignoleria del regista canadese.


Eppure, al netto delle difficoltà, Aliens fu un successo incredibile al botteghino fruttando una nomination all’Oscar come migliore attrice per la Weaver e facendo vincere la statuetta per i migliori effetti speciali al compianto Stan Winston, che aveva già collaborato con Cameron per Terminator e col quale porterà avanti un’amicizia e un sodalizio duraturo.

La creazione del Giorno del Giudizio


Sul finire degli anni 80 il nome di James Cameron era sulla bocca di tutti: acclamato dalla critica, amato dai fans, il nostro aveva solamente due grosse produzioni all’attivo eppure sembrava un novello Re Mida, tutto quello che toccava si trasformava in oro. Ragion per cui, grazie al successo di Aliens – Scontro finale, Cameron scrisse e diresse nel 1989 The Abyss, thriller fantascientifico a sfondo subacqueo con Ed Harris, Mary Elizabeth Mastrantonio e un ritrovato Michael Biehn (già co-protagonista di Terminator e Aliens).


The Abyss è probabilmente il film “meno conosciuto” del buon James, tuttavia non è un’opera da sottovalutare ed è, verrebbe da dire ovviamente, un film dalla produzione più che problematica.


Lo stesso Cameron anni dopo ammise: "Sapevo che sarebbe stato difficile da girare, ma non avevo idea di quanto sarebbe stata dura. Non vorrei mai ripeterlo".


Eppure, al netto dello stress lavorativo a cui era sottoposto lo staff (e alcuni attori, per protesta nei confronti del regista “dittatore”, non parteciparono alla promozione del film), il film si rivelò un successo commerciale indiscutibile, non solo dominando il box-office ma fruttando un altro Oscar per i migliori effetti speciali.


Gli effetti visivi furono affidati alla nota Industrial Light & Magic, fondata da George Lucas nel 1975, che collaborò anche nel successivo lavoro di Cameron, il sequel del film che l’ha lanciato sull’Olimpo della grande Hollywood: Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio.


Ambientato dieci anni dopo il capostipite, T2 vede di nuovo Arnold Schwarzenegger vestire i panni del T-800, questa volta per difendere un giovane John Connor (Edward Furlong) e sua madre Sarah (di nuovo Linda Hamilton) dalle grinfie del crudele T-1000 (Robert Patrick), un prototipo avanzato di Terminator fatto di metallo liquido e che può prendere le sembianze di chiunque.


In realtà il T-1000 era nella testa di Cameron sin dal film del 1984 ma, per evidenti limiti tecnici (infatti il primo Terminator fu realizzato in stop-motion da Stan Winston), non potè realizzarlo fino al 1991, anno di uscita del sequel.


Fu proprio il morphing in computer grafica utilizzato dalla ILM per The Abyss a spingere Cameron a scrivere e produrre il sequel, convincendo un riluttante Schwarzenegger a tornare nel ruolo dell’iconico cyborg in nome della loro vecchia amicizia (e con un jet privato regalato all’attore austriaco dal regista).

Terminator 2 espande la mitologia non tradendo il concetto alla base del capostipite, basterebbe l’introduzione con gli esoscheletri che schiacciano teschi umani a far capire le intenzioni di un Cameron sempre più ispirato, col piede fisso sul pedale dell’acceleratore in un sequel pieno zeppo di azione, non eccessivamente violento (almeno non quanto il primo film) ma altrettanto cupo e pessimista.


Anche la figura del T-800, interpretato da un Arnold sempre più in forma, è emblematica: riprogrammato per proteggere John Connor, funge quasi più da figura paterna che da protettore creando quell’empatia necessaria che raggiunge il culmine nella meravigliosa sequenza finale dell’acciaieria, dove lo spettatore imparerà che se anche una macchina può capire l’animo umano forse potrebbe esserci speranza per l’umanità stessa.


Un messaggio profondo per un film meraviglioso, avanguardistico e innovativo che non a caso vince quattro premi Oscar (miglior trucco, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro e migliori effetti speciali sempre a Stan Winston), a dimostrazione che il talento artistico di Cameron si è rafforzato con idee sempre fresche e di qualità.


True Lies: lo spionaggio secondo Cameron


Ci vogliono solamente tre anni dall’uscita di Terminator 2 per rivedere sul grande schermo la coppia Schwarzy-Cameron con il riuscito True Lies, action movie di stampo umoristico con un Arnold assolutamente autoironico nei panni di Harry Tasker, un timido rappresentante di computer che in realtà è un agente segreto, nascondendo la sua doppia vita alla sua annoiata consorte interpretata alla grande da Jamie Lee Curtis.


True Lies è considerato tutt’ora il film “minore” di Cameron, nonostante sia la prima pellicola nella storia del cinema a sfondare il tetto dei cento milioni di dollari di budget, la critica accolse tiepidamente un film che comunque ha parecchie frecce al suo arco.

L’interpretazione di Schwarzenegger in primis: tanto action hero stereotipato nei panni dell’agente segreto quanto spassoso e divertente nel ruolo del marito geloso.


Ovviamente la mano di Cameron si vede soprattutto nelle sequenze puramente d’azione, il terzo atto con gli Harrier a decollo verticale nella scena del ponte è una gioia per gli occhi.

Tutto sommato un prodotto godibile, ritmato e divertente, un film di transizione per il kolossal che verrà dopo.


Ovvero quello che ha cambiato per sempre le regole dei blockbuster Hollywoodiani…


Titanic e il Cuore dell’Oceano


200 milioni di budget più 85 spesi per la promozione, una cifra da capogiro per l’epoca in cui fu girato Titanic, uscito nel 1997 e settimo lungometraggio scritto e diretto dal regista canadese. Eppure la scommessa di Cameron nei confronti di un progetto così ambizioso e mastodontico fu vinta, in barba alle critiche e alle malelingue che perseguitavano la produzione (ovviamente non facile) del film. Era il 1995, quando Cameron riuscì in prima persona a girare le prime sequenze del vero relitto della nave arenata sui fondali dell’oceano Atlantico.


La pre-produzione del film iniziò ufficialmente nel 1996 con grandi teatri di posa adibiti ad ospitare gli enormi set della nave, modellini ricreati perfettamente in scala 1:1. Delle vere e proprie riproduzioni storiche, la maniacalità e la pignoleria di Cameron quindi ritornano a farla da padrona per una storia che, in realtà, è semplice ma efficace.

Rose (Kate Winslet) è destinata a sposare il ricco arrogante Caleb (Billy Zane) per non perdere la sua dote, Jack (Leonardo Di Caprio) è un giramondo che vince l’imbarco sul Titanic grazie ad una mano fortunata a poker.

I due giovani saranno destinati ad amarsi di nascosto sullo sfondo di una delle catastrofi più terrificanti del secolo scorso. Da questo punto di vista la messa in scena di Cameron è da manuale, in tre ore abbondanti Titanic racconta la storia di questi novelli Romeo e Giulietta, coinvolgendo emotivamente lo spettatore grazie anche alle sapienti musiche del compianto James Horner. Tredici nomination, undici Oscar vinti, statuetta come miglior film, miglior regia e più di un miliardo di dollari incassati.

James Cameron ha firmato l’ultimo grande kolossal del ventesimo secolo, elevando la sua visione a qualcosa di più di semplice intrattenimento: Titanic è arte pura, un film semplicemente perfetto nella sua composizione, nel suo essere asciutto ma allo stesso tempo estremamente complesso. Inoltre ha lanciato definitivamente la stella di Leonardo Di Caprio nel firmamento di Hollywood e, vista la carriera dell’attore da lì in avanti, è stato solamente un bene.


Nuovi strani mondi: benvenuti su Pandora


Il miglior pregio di James Cameron?

La pazienza.


La sua continua ricerca della perfezione l’ha portato, ben dodici anni dopo l’uscita di Titanic, a concepire il film di fantascienza che è riuscito a surclassare il suo precedente lavoro in termini d’incasso.


Avatar, uscito nel 2009, ha cambiato per l’ennesima volta le carte in tavola del mercato cinematografico americano, riportando in auge (e svecchiando) la tecnologia del 3D grazie a macchine da presa innovative progettate dallo stesso Cameron, portando per mano lo spettatore nel mondo bizzarro e affascinante di Pandora.

Eppure, al netto di una magnifica messa in scena, Avatar ha la storia più semplice del mondo alle spalle: Jake Sully (Sam Worthington) è un ex marine invalido che viene scelto per entrare in contatto con la tribù dei Na’Vi, autoctoni che vivono in pace su Pandora.


Il motivo di questa sua “intrusione” è puramente commerciale: Pandora è ricco di un minerale preziosissimo e i Na’Vi vivono proprio sul giacimento più ricco del pianeta, ergo devono sloggiare.


Le cose andranno diversamente quando Jake, tramite un avatar costruito appositamente per lui, inizierà ad empatizzare con la tribù e le loro usanze.


I maligni diranno che la trama non è altro che una banalizzazione di opere come Pocahontas o Balla coi Lupi. In realtà Cameron, esattamente come per Titanic, sfrutta la semplicità di uno script comunque ben costruito per ricreare un mondo alieno del tutto nuovo ed immersivo, sfruttando come sottotesto l’allegoria dei colonialisti europei del 1700 che devastarono i nativi americani in cerca di ricchezze e fertilità.


Il tutto arricchito con una motion capture e una CGI che, nonostante gli anni sulle spalle, fanno ancora il loro dovere in termini di sense of wonder.


Missione riuscita ed ennesima vittoria di Jim al botteghino: Avatar sfiora i 3 miliardi di dollari di incassi, superando Titanic e diventando il maggior incasso mondiale fino al 2019, anno d’uscita di Avengers: Endgame ma riuscendo a superare nuovamente quest’ultimo a marzo del 2021.


Spider-Man e altri progetti


Subito dopo l’uscita di Terminator 2, Cameron si mise a scrivere uno script su uno dei suoi supereroi preferiti: l’Uomo Ragno.


I diritti cinematografici del personaggio furono acquistati dalla defunta Carolco Pictures per soli 5 milioni di dollari. L’insuccesso al box-office di Superman III (1983) aveva svalutato ulteriormente i diritti cinematografici degli eroi a fumetti, in un’epoca dove praticamente nessuno credeva nei cinecomics nonostante il successo planetario del Batman di Tim Burton (1989).


50 pagine di trattamento e tante idee per la testa, come quella di affidare il ruolo di Spider-Man al giovane Di Caprio e quella del villain, che doveva essere il Dottor Octopus, all’amico Arnold Schwarzenegger.


Tuttavia non se ne fece niente, le dispute legali tra la Carolco e la Columbia (che doveva distribuire il film) e la conseguente bancarotta della Marvel a metà anni 90 fecero naufragare il progetto.


Della sceneggiatura di Cameron c’è qualche traccia nel primo Spider-Man di Sam Raimi (2001), come ad esempio l’idea delle ragnatele organiche e l’inserimento di Mary Jane Watson come primo interesse sentimentale per Peter Parker.

Eppure il film di Cameron (con una sceneggiatura tranquillamente reperibile online) era più simile ad un body-horror alla David Cronenberg piuttosto che ad un cinecomic moderno, un film cupo con Spider-Man considerato da tutti più come un freak che come un eroe avvicinando, quindi, i toni dell’amichevole Uomo Ragno di quartiere più dalle parti di Terminator e Aliens.


Il vecchio James, in un’intervista del 2021 alla testata Screen Crush, dichiarò:


“È il più grande film che non ho mai girato.”


A metà anni 90 il nostro, inoltre, produce due film della sua terza moglie, il premio Oscar Kathryn Bigelow: Point Break e Strange Days (di quest’ultimo scrive anche la sceneggiatura). Prima di girare Avatar, Cameron ha tentato per anni invano di portare sul grande schermo Alita: Battle Angel, ci riuscirà nel 2015 rinunciando alla regia ma rimanendo come produttore e sceneggiatore.

Il film vedrà la sala cinematografica solo nel 2018 per la regia di Robert Rodriguez. Nel 2019, torna sulla saga che l’ha lanciato verso il grande pubblico scrivendo il soggetto di Terminator: Destino Oscuro diretto da Tim Miller (Deadpool), un sequel diretto di Terminator 2 che ignora gli eventi narrati nei deludenti sequel di quest’ultimo.

Ovviamente Jim Cameron non si è dimenticato di fare il regista, è prevista per dicembre la release di Avatar – La via dell’acqua, primo dei 4 seguiti ufficiali del film del 2009. Sono passati ben 13 anni da quando James ci ha portato per mano nel mondo alieno di Pandora. Un’eternità in termini cinematografici, l’industria dei blockbuster è cambiata parecchio con il dominio dei cinecomics nel mercato. Solamente un pazzo come Cameron potrebbe scommettere su un franchise vecchio di 13 anni; eppure scommesse del genere le ha già vinte in passato, la sua enorme carriera fatta di successi internazionali e fior di dollari guadagnati parla per lui.


Nel mentre, il 22 settembre per un periodo limitato, Avatar torna al cinema pronto a confermare il suo primato in classifica nell'attesa di essere scalzato dal podio dal suo sequel.

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