L'importanza di Stray e del genere indie
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L'importanza di Stray e del genere indie

Aggiornamento: 7 ott 2022

I gatti conquisteranno il mondo, anche se post-apocalittico! Un pensiero su Stray, il videogioco del gattino in salsa cyberpunk.

Il mondo dei videogiochi indie è in continua espansione, e sembra non conoscere crisi.


Nel corso degli anni i videogiochi indie hanno saputo letteralmente stregare il pubblico e la critica, grazie ad idee brillanti portate alla vita in modo schietto ed efficace, considerati i mezzi (limitati).

La parola "indie", diminutivo di "independent", ossia indipendente, anche nell'ambito dei videogiochi viene utilizzata per individuare quei giochi che restano fuori dalla sfera della grande industria, e che di conseguenza spesso risultano essere piccoli progetti, frutto del duro lavoro di pochissime persone.

Stray, uscito il 19 luglio di quest’anno, è uno di questi.



Nato dalle menti di BlueTwelve Studio e pubblicato dalla casa editrice Annapurna Interactive già responsabile della pubblicazione di molteplici titoli indie ormai di successo, Stray ha fatto, sin dal suo annuncio, molto parlare di sé. Principalmente il motivo risiede nella scelta, peculiare, del protagonista: un gatto. Ebbene sì, Stray, che letteralmente significa “randagio”, è la storia di un tenero gattino che, suo malgrado, finisce invischiato in una serie di eventi a tratti surreale.

Si sa, i gatti sono generalmente animali molto amati (internet ce lo dimostra da anni, con i tanti video su ogni piattaforma di gatti buffi che fanno cose), ma è stato solo questo il motivo per cui Stray ha ricevuto tutta questa attenzione? Forse, inizialmente, sì. Una volta mostratosi col primo video di presentazione però, è stato subito chiaro che questo "giochino" vuole essere molto di più.


A conti fatti il piccolo randagio risulta essere un mezzo attraverso cui voler narrare una storia. Più che uno strumento però, forse è bene definirlo "punto di vista".


Un'avventura a quattro zampe in un mondo suggestivo


Stray inizia in modo semplice: il nostro gattino vive una vita tranquilla con quella che pare essere la sua famiglia in un mondo selvaggio, abbandonato e in rovina. Durante una delle scampagnate con gli altri mici, la sfig... il fato lo fa precipitare in un baratro. Risvegliatosi sotto terra, il randagio ben presto scopre che, per tutto il tempo, sotto le proprie zampette esisteva una comunità di robot dalla struttura sociale ben definita. Una società che strizza molto l’occhio alla comunità umana, quasi a volerla emulare. Di certo non è un caso. Ma dove sono finiti tutti gli umani? La risposta a questa e a tutta una serie di altre domande verrà parzialmente fornita ovviamente giocando e godendosi la piacevole avventura, durante la quale l’obiettivo principale sarà quello di risalire per tornare all’esterno, al luogo che i robot chiamano “l’Oltre”.

Stray colpisce soprattutto per l’ambientazione affascinante, suggestiva anche grazie alla bella grafica, la quale restituisce ottime sensazioni con effetti visivi e un'illuminazione davvero impressionanti per un titolo così economicamente contenuto. Parliamo di un contesto molto cyberpunk, con luci al neon, città dai bassifondi degradati e dai fumi malsani, creature artificiali e scenari post-apocalittici.


Possiamo affermare che i tanti elementi sci-fi che caratterizzano l’opera risultano ben amalgamati, riuscendo così a proporci un contesto convincente ed interessante, seppur ormai la sensazione di già visto per ambientazioni di questo tipo comincia a farsi sentire. Diciamocelo chiaramente: il genere post-apocalittico comincia ad essere un po’ saturo, sia dentro che fuori dall’ambito videoludico. Tuttavia il forte messaggio ecologista che traspare dall'opera, in modo molto simile ad altre produzioni con ambientazione simile, è ben chiaro: l'uomo finirà per auto-distruggersi. Ricordarlo a tutti è sempre utile dato che, purtroppo, i tempi che corrono ce lo stanno ben dimostrando.



I concetti e la stessa trama non sono nulla di nuovo. Un esempio su tutti è la natura “umana” dei robot, i quali cercano una ragione d'essere, un senso da dare alla vita, come se avessero una coscienza. Una coscienza che forse hanno effettivamente sviluppato col tempo. Tutti argomenti non propriamente originali o “freschi” ma che hanno un punto di forza: sono sempre attuali. Sia che voi siate umani o robot.


La giocabilità che si accontenta ma diverte, funziona!


Il gameplay ridotto all’osso porta il randagio a camminare, correre, arrampicarsi e saltare in maniera fluidissima ed appagante, anche se le acrobazie disponibili sono molto limitate e guidate.


Grazie al nostro piccolo amico incontrato nelle prime battute di gioco, il drone B-12, potremo “parlare” con gli altri robot per avere informazioni, collezionare oggetti ed utilizzarli: tutte azioni utili per il proseguo dell’avventura. Inoltre sarà possibile attuare i più classici comportamenti da gatto, alle volte anche solo per il semplice gusto di poterlo fare, i quali strapperanno spesso più di un sorriso.



Valorizzare un'idea ispirata

Come gli indie si stanno facendo spazio tra i titani


Finora ho descritto un gioco limitato e non propriamente originale. Allora com’è che ne stiamo ancora parlando? Perché, volendo fare una citazione, “il tutto è più della somma delle singole parti”. Stray è piacevole, ecco tutto. Lo è perché affronta tematiche che non passeranno mai di moda, perché lo fa mettendoci nei panni di un gattino pucciosamente coraggioso, e perché è divertente da giocare nella sua semplicità.


Stray, così come tanti altri indie, è un gioco lineare e alla portata di tutti, il cui focus non è quello di proporre una sfida di abilità al giocatore; piuttosto vuole porre quest'ultimo di fronte alla condizione di potergli far vivere un’esperienza.

Senza troppi fronzoli quindi, chiunque può affrontare questa tipologia di gioco, poiché non risulta mai difficile o frustrante e soprattutto perché dura poche (in questo caso forse troppo poche) ore, diventando così accessibile sia a chi vuole provare ad avvicinarsi per la prima volta al media del videogioco, sia a chi di videogiochi ne ha fatto una passione ma magari non ha più tanto tempo materiale (vuoi il lavoro, lo studio o la famiglia, com'è giusto che sia) da dedicare al suo passatempo preferito. Un passatempo purtroppo ancora oggi percepito dalla collettività (soprattutto italiana) come frivolo, infantile, superficiale, o anche peggio. Pensate a quante volte si sente dire da persone che non sanno neanche di cosa stiano parlando che i videogiochi sono solamente violenza e perdizione.


Andateglielo a spiegare che in Stray non ve n'è traccia.


I luoghi comuni sono duri a morire.



Spesso i videogiocatori tendono a dare per scontato che i giochi dall’alto budget, i cosiddetti blockbuster, o giochi tripla A, siano automaticamente migliori degli altri poiché le risorse spese per essi sono molte di più. E per certi versi può essere vero, ci mancherebbe, ma bisogna capire che non è una regola. La storia dell’intrattenimento, in ogni ambito, ci insegna da sempre che l’importante è avere un’idea valida. Bisogna poi avere la furbizia e l'abilità di valorizzarla con ciò che abbiamo a disposizione.


E quindi è un bene che esistano ancora videogiochi di questo tipo, che con poco riescono a lasciarti qualcosa; perché sono proprio questi i titoli che, per i motivi più disparati, possono avvicinare nuove persone al meraviglioso mondo dei videogiochi.

Un mondo che non riesce ancora del tutto a scrollarsi di dosso l'appellativo di "dannoso".

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