La Top & Flop cinematografica del 2022
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La Top & Flop cinematografica del 2022

Il momento di tirare le somme è giunto: ripercorriamo insieme l’anno che sta volgendo al termine passando in rassegna i migliori e i peggiori titoli del 2022 cinematografico.

I titoli presi in esame verranno elencati in ordine cronologico d’uscita italiana e non per indice di gradimento.


 

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Matrix Resurrections

di Lana Wachowski (1 gennaio)

Primo film dell’anno nel vero senso della parola, uscito il 1 gennaio 2022 (anche se in USA è stato rilasciato il 22 dicembre 2021) il quarto capitolo delle avventure di Neo (Keanu Reeves) e Trinity (Carrie-Anne Moss) arriva ben undici anni dopo la conclusione del terzo capitolo del franchise.

Un film pretenzioso e sicuramente coraggioso diretto Lana Wachowski che, orfana della sorella Lilly (che non ha voluto essere coinvolta nello sviluppo), mette la firma su un progetto metacinematografico che usa il pretesto del sequel per criticare la realtà dei blockbuster hollywoodiani moderni, fatta solamente di seguiti, reboot e rilanci di vario tipo.

Una pellicola non esente da difetti che ha avuto comunque l’ardire di osare, peccato che il pubblico generalista non abbia apprezzato particolarmente il film, danneggiato anche da una scellerata distribuzione (in contemporanea alla sala) su HBO Max.

The Batman

di Matt Reeves (4 marzo)


Il ritorno in solitaria dell’Uomo Pipistrello dopo la parentesi snyderiana del personaggio (in Batman v Superman: Dawn of Justice prima e in Justice League poi) non poteva che finire nel meglio di quest’anno.

Cupo, nichilista, estremamente intelligente nella sua narrazione e particolarmente fedele al lato investigativo del Crociato Incappucciato, The Batman porta in scena un convincente Robert Pattinson che, al netto delle critiche preventive dei detrattori, mette in atto una delle versioni migliori del personaggio mai viste su grande schermo.

Certo, la sceneggiatura non è del tutto perfetta e la durata forse eccessiva (3 ore) ma Matt Reeves dimostra ancora una volta di essere un regista metodico come aveva già dimostrato in due dei tre capitoli del rilancio cinematografico de Il Pianeta delle Scimmie.

Ciliegina sulla torta il tema musicale del sempre bravo Michael Giacchino che, con quattro note in croce, riesce ad entrare di prepotenza nella testa dello spettatore.



Licorice Pizza

di Paul Thomas Anderson (17 marzo)


Paul Thomas Anderson, nella sua lunga carriera, è sempre stato un ottimo narratore di storie e situazioni molto umane e in Licorice Pizza riesce a renderci credibile una tormentata storia d’amore con protagonisti un quindicenne (interpretato dal figlio del compianto Philip Seymour Hoffman, Cooper) e una venticinquenne (la strabiliante Alana Haim) sullo sfondo dell’estate losangelina negli anni 70.

Un vero e proprio atto d’amore verso la città e verso un periodo storico parecchio rigoglioso per l’economia americana e non solo, anche una gran bella commedia dove la voglia di emergere e di rivalsa è ben rappresentata dalla coppia di giovani attori, uniti in una chimica fuori dal comune.



The Northman

di Robert Eggers (21 aprile)


“Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjölnir” questo è la promessa che il principe Amleth (Alexander Skarsgard) ripete come se fosse una religiosa preghiera nei confronti dello zio paterno, colpevole di aver distrutto la vita del giovane.

Robert Eggers, già autore di perle indimenticabili come The VVitch e The Lighthouse, ritorna questa volta con un progetto ad alto budget infarcito da un cast di assoluto livello (da Ethan Hawke a Nicole Kidman passando per Willem Dafoe e per la lanciatissima Anya Taylor Joy) in un film dal sapore sporco e brutale, ispirato (nemmeno troppo velatamente) alla tragedia shakespeariana di Amleto.

Un’opera esteticamente potentissima che conferma ancora una volta il talento del regista newyorkese.



Doctor Strange nel Multiverso della Follia

di Sam Raimi (4 maggio)


Il genio di Sam Raimi, che mancava dalle sale cinematografiche dal 2011, anno d’uscita de Il Grande e Potente Oz, ritorna al genere dei cinefumetti in pompa magna, firmando uno dei migliori film del Marvel Cinematic Universe degli ultimi cinque anni.

Scorrevole, divertente e parecchio citazionista, Raimi fa il bello e il cattivo tempo giostrando perfettamente un sempre bravo Benedict Cumberbatch sempre a suo agio nei panni dello Stregone Supremo.

L’unico neo di questo bel film di genere potrebbe essere la sceneggiatura firmata da Michael Waldron, ma con una regia come quella di Raimi si passa sopra a tutto. Anche a scelte narrativamente discutibili.



Top Gun: Maverick

di Joseph Kosinski (25 maggio)


Rinviato ripetutamente a causa della pandemia e sequel dell’iconico film di Tony Scott del 1986, Tom Cruise torna nei panni di Pete “Maverick” Mitchell per addestrare una nuova e giovane squadra di aviatori per una missione ad alto rischio.

Divertente, scorrevole e assolutamente rispettoso nei confronti del film originale, Top Gun: Maverick è il prototipo del blockbuster moderno e, probabilmente, il miglior successo commerciale del 2022.

I detrattori diranno che è un film di cui nessuno sentiva il bisogno, noi invece affermiamo che in un'epoca di revival ruffiani e privi d'identità, Maverick impone la sua presenza con un ritmo cadenzato e adrenalinico, infarcito sapientemente da scene di volo girate perfettamente da un Kosinski in perfetta forma.



Prey

di Dan Trachtenberg (5 agosto)


Il franchise di Predator è sempre stato parecchio controverso, tuttavia pur non avendo molti film al suo attivo la creatura portata in scena per la prima volta nel 1987 da John McTiernan (e con Arnold Schwarzenegger protagonista) è entrata nell’immaginario collettivo. Prey espande la mitologia del cacciatore alieno portandoci indietro ai tempi del colonialismo, dove una giovane nativa americana dovrà combattere, non solo contro un crudele Yautja ma anche per trovare un posto in una società prettamente maschilista. Un film genuino e sincero, divertente e parecchio sanguinolento: Prey è un film d’azione convincente, un vero peccato che abbia saltato la sala a favore di un’uscita in streaming su Disney+.


Nope

di Jordan Peele (11 agosto)

Dopo lo scoppiettante esordio con Scappa – Get Out e il disturbante Noi, Jordan Peele torna nella mischia con un fantahorror a tinte western di stampo puramente hitchcockiano.

Tuttavia sarebbe riduttivo descrivere Nope come un normale film dell’orrore, la terza opera di Peele riflette anche sul rapporto uomo-bestia, sul ruolo delle maestranze nel mondo del cinema ed è un’allegoria politicamente fortissima sul ruolo che hanno i soldi e l’agognato successo del singolo individuo nella vita quotidiana.

Un’opera esteticamente potentissima che, mischiando vari generi, conferma (semmai ce ne fosse bisogno) che Jordan Peele è un talento di assoluto livello.



Crimes of the Future

di David Cronenberg (24 agosto)


Il ritorno al bodyhorror del maestro David Cronenberg, basterebbe questo preambolo per etichettare Crimes of the Future come un film imperdibile.

In un lontano futuro l’essere umano non prova più nessun dolore fisico, la chirurgia quindi diventa una nuova forma artistica e, di fatto, il nuovo sesso.

Un’opera mastodontica da parte del regista di Videodrome, de La Mosca e di eXistenZ (tre titoli citati non a caso), capace di far riflettere sull’animo umano esasperando il concetto stesso di evoluzione, in un film dallo stampo distopico, minimalista e assolutamente crudo.



Pinocchio

di Guillermo Del Toro (9 dicembre)


Della favola di Carlo Collodi si è detto tutto, l’abbiamo vista in tutte le salse e in tutti i formati.

Eppure Guillermo Del Toro, grazie ad uno strabiliante stop-motion, ci regala un’opera delicata ed emozionante sotto tutti i punti di vista.

Introspettivo, non ruffiano e con tanto cuore: la reinterpretazione assolutamente personale che il regista messicano fa dell'opera è convincente: spostare il setting nell'Italia fascista degli anni 20 fa sì che questo Pinocchio sia legato spiritualmente ad opere come Il Labirinto del Fauno. Nonostante la storia sia trita e ritrita, Del Toro ci dona una gemma di assoluto valore, probabilmente la miglior trasposizione dell'opera di Collodi che sia mai stata concepita.



Avatar – La via dell’acqua

di James Cameron (14 dicembre)


Abbiamo recentemente parlato de La via dell’acqua, quindi c’è poco da aggiungere.

Un film strepitosamente emozionante, visivamente incredibile e narrativamente convincente seppur con una trama semplice ma funzionale.

James Cameron ritorna su Pandora in maniera devastante dopo ben 13 anni dal capostipite: scommessa vinta e 1 miliardo di dollari incassati in soli 12 giorni, mica male per uno che negli ultimi venticinque anni ha girato solamente tre film.



FLOP


Belli Ciao

di Gennaro Nunziante (1 gennaio)


87 minuti di noia in un audiovisivo dalla pochezza imbarazzante, si potrebbe riassumere così il ritorno sul grande schermo dei comici pugliesi Pio & Amedeo.

Belli Ciao riassume tutta la pochezza della commedia all’italiana figlia dei (si spera defunti) cinepanettoni: gag sui meridionali, gag sui settentrionali, gag sugli omosessuali, gag su qualsiasi cosa.

Se ne può fare volentieri a meno, il cinema italiano ha dimostrato negli ultimi anni che si possono scrivere commedie decenti senza l’estremo bisogno di volgarità (ad esempio con Smetto quando voglio).



Uncharted

di Ruben Fleischer (17 febbraio)


La saga videoludica di Uncharted (5 giochi in totale) si è sempre contraddistinta per essere una versione riveduta e moderna di Indiana Jones, giochi d’avventura dove tra una sparatoria, un’arrampicata e una scazzottata il guascone Nathan Drake la faceva da protagonista assoluto.

Ebbene le speranze di rivedere le stesse cose in salsa cinematografica sono rimandate al futuro, Uncharted di Ruben Fleischer (Benvenuti a Zombieland, Venom) è un film che fa della sua arma principale la noia.

I colpevoli sono da ricercare non solo nella mano del regista, un modesto mestierante, ma anche e soprattutto ad una sceneggiatura troppo banale e prevedibile.

Se a questo aggiungiamo anche una scelta di casting fin troppo discutibile con un Tom Holland completamente imbambolato e spaesato nel ruolo di Drake e un Antonio Banderas ingessato nel suo essere un cattivo da operetta, allora la frittata è fatta.



Moonfall

di Roland Emmerich (17 marzo)


Altro giro, altro disaster movie targato Roland Emmerich, questa volta alle prese con una collisione Luna-Terra dalla delirante fattura.

Il regista di Independence Day e 2012 ritorna con il suo solito passo teutonico e mastodontico a raccontarci la solita trama con la solita catastrofe e i soliti eroi che dovranno sventare la solita minaccia con la solita computer grafica di dubbio gusto.

Come dite? E’ la solita trama reiterata nella filmografia del regista tedesco?

Appunto.



Morbius

di Daniel Espinosa (31 marzo)


I due film solisti su Venom, per quanto brutti, hanno fatto incassare alla Sony fior fior di miliardi.

Quindi perché non continuare ad accanirsi terapeuticamente con l’ennesimo cinecomic su un cattivo a casaccio di Spider-Man?

Le premesse di questo Morbius, il vampiro vivente di casa Marvel, non erano nemmeno malvagie peccato però che un montaggio scellerato, un ritmo troppo altalenante e un overacting da parte di un incapace Jared Leto distruggano i buoni presupposti di un film che di buono ha soltanto una cosa: i titoli di coda.



Animali Fantastici - I Segreti di Silente

di David Yates (13 aprile)


Il terzo capitolo della saga di Animali Fantastici conferma una cosa: David Yates è il peggior regista cinematografico che sia capitato all’interno del Wizarding World creato da J.K. Rowling.

Se già il secondo capitolo, I Crimini di Grindelwald, era tirato per i capelli qui ci troviamo davanti ad una trama completamente inconsistente, con protagonisti che prendono decisioni senza senso e con un taglio televisivo deleterio che conferma ancora una volta come Yates non sia il regista giusto per questo progetto, come non lo era nemmeno per i capitoli finali della saga di Harry Potter.

Una pellicola che non sa di nulla, un filler che non serve a niente così come non serviva a nulla il secondo capitolo.

Altro che Segreti di Silente, il vero segreto è capire chi ha dato il green light a questa roba.



Jurassic World – Il Dominio

di Colin Trevorrow (2 giugno)


Un miliardo di dollari di incasso al botteghino sono sinonimo di qualità solitamente, giusto?

Sbagliato, perché la qualità in questo terzo capitolo del rilancio di Jurassic Park (o World che dir si voglia) è praticamente lontana 200 milioni di anni.

Sconclusionato, noioso, spaventosamente irritante e involontariamente ironico: si ride e si sbadiglia quando non si dovrebbe, a nulla serve il ritorno del cast storico del capostipite di Spielberg per salvare questo Jurassic World – Il Dominio dal baratro.

Si potrebbe anche chiudere qui una saga che non ha più niente da raccontare al grande pubblico ma che, visti gli incassi stratosferici, sicuramente continuerà per la gioia di grandi e piccini ma non per gli amanti del buon cinema d’intrattenimento.



Thor: Love and Thunder

di Taika Waititi (6 luglio)


CAPRA! CAPRA! CAPRA!

No, non è il biopic su Vittorio Sgarbi ma è una delle gag più ripetute di questo quarto capitolo dedicato allo Zio del Tuono, un film dove Taika Waititi a briglie sciolte prende il largo in un delirante viaggio con un sempre divertito Chris Hemsworth.

L’epica però non esiste, esiste però in gran parte del film una versione completamente scellerata di un Thor ancor più caricaturale rispetto al già disastroso Thor: Ragnarok.

Tra calci volanti in spaccata, capre belanti e asce da combattimento usate come scope, la megalomania di Waititi raggiunge il suo apice con un film che non è un film, è una versione parodistica di un greatest hits dei Guns N’ Roses.

Un gran peccato perché degli spunti interessanti ci sarebbero anche, in primis l’arco narrativo del villain Gorr (Christian Bale) e quello della ritrovata Natalie Portman nei panni di Jane Foster, peccato anche che Waititi non sia James Gunn (anche se si crede di esserlo) e che non riesca minimamente a gestire le parti drammatiche di questi due sciupatissimi personaggi.



Pinocchio

di Robert Zemeckis (8 settembre)


Cosa succede se a Pinocchio togli tutta la morale della favola di Collodi?

Succede questo scempio firmato Robert Zemeckis, versione live action in salsa Disney che, come tutte le precedenti trasposizioni cinematografiche dei classici della Casa di Topolino, fa acqua da tutte le parti.

Con un improponibile Tom Hanks nei panni di Geppetto, Pinocchio rielabora il film animato degli anni 40 in una versione completamente edulcorata, scenograficamente orrenda con una CGI da denuncia penale e con scelte stilistiche e narrative altamente discutibili.

A qualcuno potrà pur piacere vedere questo burattino in computer grafica atterrare come Iron Man, noi preferiamo di gran lunga la versione in stop-motion di Del Toro.



Black Adam

di Jaume Collet-Serra (20 ottobre)


Il granitico The Rock, al secolo Dwayne Johnson, ha aspettato ben 15 anni per portare il villain principale di Shazam sul grande schermo.

15 anni di attesa per ritrovarsi davanti un film vecchio di 20, ennesima dimostrazione della confusione totale in casa DC/Warner e di una gestione a dir poco scellerata da parte della vecchia dirigenza.

Black Adam risulta quindi un film che non porta a niente se non ad un grande e grosso gameplay di due ore di Injustice – Gods Among Us: tante botte in CGI, tante esplosioni, tanti muscoli e tanto chiasso.

Non basta la presenza scenica di un bravo (e sprecato) Pierce Brosnan nei panni dell’interessante Dottor Fate, il film risulta schiacciato dall’ego smisurato del buon Johnson, tanto bravo a fare propaganda sui social quanto cane a recitare.

E anche a spoilerare ritorni di personaggi interpretati da attori che non rivedremo mai più a quanto pare, ben fatto Dwayne.



Strange World – Un mondo misterioso

di Don Hall (23 novembre)


180 milioni di spesa, 53 milioni di resa.

Un flop catastrofico per il nuovo lungometraggio della Disney, figlio di un’inclusività fin troppo marcata per un’avventura convenzionale ma comunque ben confezionata.

Non è un caso che dopo un mese esatto dalla release cinematografica il film sia già arrivato in streaming, seppur divertente in alcuni tratti e visivamente convincente, Strange World è il tipico esempio di film commercialmente fallimentare ma forse non così brutto come il pubblico vuol far credere. Vedremo se il tempo gli darà ragione e se la massa lo rivaluterà come ha fatto con Atlantis – L’impero perduto e Il Pianeta del Tesoro, classici Disney amatissimi al giorno d’oggi ma snobbati clamorosamente all’epoca della loro uscita.






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