Recensione: Love, Death & Robots Volume 4 – L’antologia sci-fi distopica torna su Netflix
- Adriano Ventrone
- 20 ore fa
- Tempo di lettura: 4 min
Approdata su Netflix il 15 maggio 2025, la serie antologica animata ritorna carica di CGI e nuove storie per traumatizzare lo spettatore.
Love, Death & Robots, serie antologica animata targata Netflix non ha di certo bisogno di presentazioni, ma è bene ricordare alcuni capisaldi di questa produzione che ha raggiunto la sua quarta stagione (o Volume 4): ogni episodio è una storia a se stante prodotta tendenzialmente da studi di animazione specializzati o in CGI (spesso e volentieri sono gli stessi studi che animano i filmati in CGI di importanti saghe videoludiche, come ad esempio The Witcher, Assassin’s Creed o addirittura si che occupano di produzioni cinematografiche) o animazione 2D sperimentale; ma, soprattutto, ogni episodio deve essere capace di sconvolgere con storie brevi ed impattanti.
Leggi anche: Recensione: The Witcher Le Sirene Degli Abissi
Al netto di queste premesse, come se l’è cavata questa quarta stagione della serie? Scopriamolo insieme in questa nostra recensione!
Questa recensione NON conterrà spoiler sulla trama al di là della premessa!
Amore, Morte & Robot Love, Death & Robots
Queste tre parole, diretta traduzione del titolo della serie, fungono come sempre da linee guida per quello che le storie raccontate vogliono trasmettere; emozioni forti, una dose di tecnologia, spesso distopica e contorta che influenza la vita delle persone e soprattutto abbondanti dosi di morte e miseria più o meno velate o sottintese, senza dimenticare ogni tanto una spruzzata di black humor che non guasta mai.

Tendenzialmente questa stagione, composta da dieci episodi, riesce quasi sempre incarnare questi concetti, soprattutto in episodi come “Il grido del Tirannosauro” o “Spider Rose” che tra l’altro funge da spin-off per un episodio apparso nella terza stagione della serie, “Sciame”. Troviamo poi due episodi che vanno a toccare corde decisamente più “spirituali”, “Golgota” (unico episodio in live action, tra l’altro) e “Così Zeke ha scoperto la religione” e non mancano, ovviamente, un quartetto di episodi più leggeri ed umoristici come “L’altra cosa grande”, prequel di “I Tre Robots”, episodio a tema post-apocalisse felina, “Il complotto dei dispositivi intelligenti”, “Poiché può strisciare” e “Mini incontri ravvicinati del terzo tipo”. Degno di nota anche “I Bestioni dell’isolato 400”, episodio molto particolare nato dalla penna di Marc Laidlaw, lo scrittore della serie videoludica Half-Life.
Tutti gli episodi, dunque, risultano a fuoco con lo spirito della serie fatta eccezione per il primo, “Can’t Stop”, essenzialmente un videoclip in computer grafica per la celebre canzone dei Red Hot Chili Peppers che, senza troppi giri di parole, non c’entra nulla con tutta la produzione e che sembra quasi più una marchettata che un episodio di questa serie. Chissà.
Visivamente spettacolari
Proprio su questo punto, va detto, c’erano ben pochi dubbi, forse nessuno addirittura. D’altronde il cavallo di battaglia della serie, come detto in apertura, è sempre stata la sua qualità produttiva che non ha assolutamente nulla da invidiare a produzioni videoludiche e cinematografiche.

Episodi come “Spider Rose” e “Il grido del Tirannosauro” realizzati da Blur Studio sono visivamente clamorosi e lasciano a bocca aperta, ma forse le vere perle sono episodi come “Bestioni dell'isolato 400” e “Così Zeke ha scoperto la religione”, episodi in animazione 2D più squisitamente sperimentali e realizzati rispettivamente da Passion Animation Studios e Titmouse, Inc. Insomma, anche queste volte ce n’è per tutti i gusti e difficilmente resterete delusi dall’aspetto tecnico della produzione.
Forse tanto Death & Robots e poco Love
Per una serie antologica che tratta temi abbastanza impegnati come Love, Death & Robots, quattro stagioni sono tante, e probabilmente questo fatto inizia a farsi sentire. Infatti, seguendo un fenomeno di “infiacchimento” iniziato con la terza stagione, anche questa lascia nello spettatore un vago senso di insoddisfazione. Come detto, gli episodi sono sempre realizzati magistralmente e parlano delle cose giuste, però… manca qualcosa. Sembra quasi che la serie abbia perso un po’ di quella cattiveria e di cinismo che ne avevano rese celebri le prime stagioni, soprattutto la prima, in cui ogni episodio era un pugno nello stomaco.
Qui, invece, gli episodi scorrono piacevolmente senza mai sconvolgere lo spettatore con plot twist o dubbi morali troppo rilevanti. Per dire, in una serie antologica, forse, già il fatto di realizzare dei sequel/prequel di vecchi episodi iconici dovrebbe essere un campanello d’allarme che forse a livello creativo la serie stia iniziando ad arrancare un po’.

Ormai, storie impattanti capaci di perseguitare gli spettatori ad anni di distanza come i celebri Zima Blue e Oltre l’Aquila sembrano ormai un lontano ricordo.
Dedicare un intero episodio ad una canzone dei Red Hot Chili Peppers non è proprio in linea con lo stile della serie, ma forse si è tentato di sconvolgere lo spettatore per il “cringe” piuttosto che con un messaggio in questo caso.
Verdetto Finale
PRO | CONTRO |
Visivamente splendida, come sempre. Alcuni episodi sono piccole perle. I sequel/prequel sono piacevoli aggiunte. | Le storie sembrano aver perso un po’ di cattiveria e cinismo. Alcuni episodi, non i sequel/prequel, risultano un po’ ridondanti nel soggetto. Can’t Stop è il punto più basso di tutte e quattro le stagioni. |
Love, Death & Robots in questo suo Volume 4 porta a casa il compito con dignità ed efficienza tecnica, senza però cercare di brillare particolarmente dal punto di vista creativo. L’estetica degli episodi è stupenda, ma purtroppo si scontra con una scrittura generale (fatta eccezione per alcuni episodi) tendenzialmente meno aggressiva rispetto al passato, cercando forse di appagare lo spettatore piuttosto che sconvolgerlo. L’episodio “Can’t Stop”, purtroppo, non solo è la dimostrazione di tale fenomeno, ma danneggia inesorabilmente tutta la serie a livello qualitativo. La serie, dunque, si riconferma come un eccellente esercizio di stile che però a questo giro ha perso un po’ di spinta dal punto di vista delle idee. |
Voto Finale: 7/10
Comments