Recensione: Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International - il ritorno del romanticismo e dell'avventura
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Recensione: Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International - il ritorno del romanticismo e dell'avventura

Figlio di un tempo nostalgico, Romancing SaGa ci ha messo numerose ripubblicazioni prima di giungere nelle mani del pubblico italiano con una versione completamente localizzata. Grazie a Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International, i giocatori potranno finalmente godersi questo titolo senza ostacoli di lingua. Valutiamo, nell’insieme, come si colloca il gioco nel contesto videoludico attuale nella nostra recensione.

Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International (nel seguito Minstrel Song) è il tentativo di rompere la barriera occidentale per questa serie attraverso la riproposizione di una versione masterizzata, ridefinita in HD, di un remake del 2005, finalmente accompagnata dalla localizzazione che, per la prima volta, si interessa anche della nostra lingua.


L’invito è quello a riscoprire le origini più pure del JRPG, con un gioco che porta sulle proprie spalle una anzianità di oltre trent’anni e che costituisce, per questo, una proposta molto rischiosa per un pubblico nuovo o anche per un pubblico di vecchia data che non è più abituato ad alcuni schemi ludici che appartengono agli anni Novanta. In questo risiede la sfida che Square Enix e Red Art Games devono affrontare: quanto è davvero accessibile Minstrel Song nel 2025?


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Una storia classica e poco lineare


La premessa narrativa di Minstrel Song non brilla certo per originalità all’interno del panorama dei giochi di ruolo giapponesi, anzi, siamo di fronte ad una narrativa già esplorata a fondo non solo da numerosi sviluppatori del genere, ma da Square stessa: al cuore degli eventi di Minstrel Song c’è un male primordiale e spaventoso, opposto ad esso un gruppo di protagonisti, ognuno con la propria storia, e delle pietre del destino da rintracciare, sparse per il mondo.


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Minstrel Song offre un ventaglio di otto personaggi iniziali

Ciò che contraddistingue la narrativa di Minstrel Song non è la premessa o l’originalità dei personaggi (che, come era abitudine del tempo, riflettono alcune tra le principali classi di combattimento tipiche del genere dei giochi di ruolo), ma la mancanza totale di una linearità. Il percorso narrativo, infatti, seppur ha una meta, è privo di binari lungo i quali percorrerlo e piuttosto va attraversato seguendo sfocati confini di un bordo strada difficile da individuare. Così, possiamo giungere alla fine di questa storia con risultati e strumenti diversi, con un team diverso, perfino con un grado diverso di difficoltà in base a come avremmo giocato per decine di ore.


A dare un tocco immersivo e di valore alla narrativa è la colonna sonora di Kenji Ito, composta da un centinaio di brani che non solo sanno come colpire il giocatore di JRPG nostalgico dritto al cuore ma che, nella versione masterizzata, si propongono come freschi ed amabili anche in virtù delle composizioni più contemporanee.


Dal punto di vista narrativo, Minstrel Song è una doccia tiepida che alcuni potrebbero gradire, altri no: se da un lato infatti la totale assenza di una direzione chiara possa costituire un gelido ostacolo, la voglia di esplorare, curiosare in ogni angolo ed ottenere un cambiamento di circostanze così apparentemente casuale da non permettere sempre di capire cosa abbia generato il trigger, riscalda il giocatore, riaccendendo la fiamma della scoperta che si è spesso spenta negli ultimi decenni di produzioni videoludiche.


Il romanticismo (quasi ostile) della scoperta


Non solo morfologicamente, ma anche spiritualmente, Minstrel Song è infatti considerabile come un perfetto rappresentante del romanticismo videoludico, caratterizzante un’epoca in cui la scoperta era il cuore del medium. Dietro la figura ricorrente del menestrello, si nasconde un’avventura di stampo romantico molto più ampia: la curiosità della scoperta, il viaggio nel mondo alla ricerca di qualcosa, le canzoni o i racconti come principale fonte di informazione per il videogiocatore. Non esiste una missione principale già individuata dal gioco limpidamente, non esistono puntatori sulla mappa, ma soltanto indicazioni riguardanti le location di gioco.


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È quasi ironico come questa remaster di un remake di un gioco originariamente nel 1992 riesca a porsi come innovativa, nel modo in cui abbandona la mano di un giocatore che oggigiorno viene fin troppo spesso accompagnato alla meta come se fosse un bambino, per lanciargli dietro un mondo aperto quasi immediatamente esplorabile fin dall’inizio dicendogli ‘vai e curiosa’ e generando quasi una sensazione di sandbox. Non nasconderemo che dopo aver passato quasi l’intero ultimo decennio a farci indicare il sentiero dai videogiochi passo per passo, all’inizio abbiamo trovato quasi spiazzante questa mancanza di informazioni fornite.


È quasi per caso che siamo entrati nel meccanismo di gioco, quando spulciando nella biblioteca di Melvir, abbiamo sbloccato diverse voci nelle note, i principali tracciatori di quest. Ciò ci ha permesso di entrare più facilmente nella logica di Ministrel Song: in questo JRPG a turni, non è il grinding a dover occupare la maggior parte del nostro tempo (anzi, l’eccessivo aumento dei parametri dei personaggi può rendere alcune missioni più difficoltose giacché il gioco adatta i nemici ai valori della squadra e l’Event Rank) ma la ‘parte turistica’. Eccoci così a vagare per ore e ore nelle varie location che abbiamo sbloccato parlando con NPC e aggiungendo personaggi giocabili al gruppo presso i pub, riposando alle locande, cercando fogli con note e informazioni interessanti.


In questo senso, Minstrel Song è il perfetto gioco per i romantici che sono in cerca di un'avventura non guidata che può solo proseguire quando c’è sufficiente curiosità, spirito d’avventura e desiderio di conoscenza da parlare con qualsiasi passante, bramosi di scoprire cosa ci rivelerà. Il mondo di gioco è pittoresco in maniera apprezzabile, una qualità che forse risplende di più con il doppiaggio giapponese piuttosto che con quello inglese, che in alcuni tratti, è fin troppo piatto.


Una componente strategica degna, trent’anni dopo


Ancora oggi questo titolo, nella sua chiave rivisitata, si presenta come un piatto strategico dal quale cibarsi abbondantemente: classi, incantesimi di scuole magiche diverse non compatibili l’una con l’altra, armi che presentano diverse modalità e metodi di riparazione e miglioramento, sistema di level up non usuale, competenze che permettono di migliorare l’esplorazione. Dal punto di vista del gameplay, Minstrel Song balla sul filo tra il classico e l’innovativo, nutrendosi dei più tipici sistemi che caratterizzano il genere e svoltando in originalità con un piccolo tocco all’ultimo secondo ogni volta. 


Non è un titolo che permette al giocatore di semplificare e banalizzare la propria esperienza: i personaggi non salgono di livello via via che si scontrano con i nemici, ma vedono semplicemente migliorare le proprie statistiche, il che di conseguenza genera un aumento del World Event Rank e dei parametri dei nemici avversari. In questo modo, Minstrel Song assume una veste quasi punitiva nei confronti del giocatore di JRPG classico che punta in egual misura sulla componente strategica e il level up per poter affrontare più speditamente alcuni nemici più ostici. Anzi, in alcuni punti, non realizzare questo equilibrio potrebbe addirittura ostacolare in maniera definitiva il giocatore che ha affrontato troppe battaglie, poiché ciò trasformerebbe dei boss prima accessibili in titani estremamente ostici da abbattere.


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Dunque Minstrel Song sposta così il focus del videogiocatore, che penalizzato sul fronte della crescita, deve confrontarsi obbligatoriamente con la componente strategica a pieno. Ed è lì che troviamo il cuore del combattimento all’interno del titolo: bilanciare gli elementi magici tra i componenti del team in modo da avere più incantesimi a disposizione; migliorare le armi con materiali speciali o ripararle semplicemente; valutare di spostare le stesse in modalità difensiva per sopravvivere ad alcuni nemici; rendere la guarigione accessibile a tutti; evitare che i personaggi terminino i PV e siano messi K.O. in via definitiva, ecc.


Privati della nostra comfort zone, l’aumento di livello, siamo costretti a valutare tutti questi elementi continuamente e in base alla situazione, ed è qui che il gioco esplode. Possiamo di certo garantire che una volta entrati nei meccanismi di gioco di Minstrel Song perdersi all’interno del titolo per diverse ore senza accorgersi dello scorrere del tempo è estremamente facile. Il problema è tutto ciò che viene prima: entrare nelle logiche del gioco non è affatto semplice.


Gioco di ruolo? Sì, ma di quelli intensi


Il problema principale, il muro che separa il giocatore dal sentirsi completamente perso e divertirsi in maniera ossessiva col titolo, è proprio che nell’ammodernare questo titolo non sono state risolte problematiche relative alla comunicazione tra le parti: il gioco, appunto, ed il giocatore. Quando avviamo Minstrel Song, in pochi minuti, ci viene lanciata contro una impressionante dose di informazioni che, perfino quando lette con la massima attenzione, generano una confusione quasi spiazzante. Poiché alcune meccaniche sono spiegate in modo molto sintetico, il giocatore ha bisogno del suo tempo pratico con il titolo prima di riuscire a comprenderle e, a quel punto, potrebbe aver fatto già danni tali da ledere la propria run.


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In Minstrel Song è estremamente semplice restare bloccati fuori da alcune quest, fallirle o saltare degli elementi non più recuperabili, il che è poco gradito soprattutto dai giocatori che puntano al completismo. Più spiazzante ancora è che non ci sono input che invitano il giocatore alla logica che questo titolo è pensato per multiple run, se il modo in cui è graficamente rappresentato il salvataggio, con l’indicazione di quanti personaggi sono stati completati. Poiché il gioco parla davvero pochissime volte chiaramente, si crea un divario che rende difficile per il giocatore apprezzare fin da subito gli elementi del gioco di ruolo presenti in Minstrel Song che lo rendono unico, arrivando addirittura al punto di poter costituire un punto d’addio tra il videogiocatore e il gioco stesso.


Tuttavia, quando si riesce a rompere tale barriera, il tempo passato piacevolmente all’interno del gioco aumenta esponenzialmente: costruire un team equilibrato e che ci faccia sentire al sicuro, curiosare nei pub e in ogni angolo segreto delle città per scoprire dicerie che ci aiutino a risolvere una catena di missioni o addirittura che leghi alcune quest l’una con l’altra, sbloccare nuove aree arruolando differenti personaggi in squadra; quando si può apprezzare davvero ciò che c’è da fare in questo gioco con una consapevolezza migliore ne risulta un gioco di ruolo gradevole, soprattutto per i più nostalgici.


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Il problema di fondo è che questa comunicazione può fare danni non riparabili tali da lasciare il segno fin dalle prime ore. Nella nostra seconda run, infatti, abbiamo constatato che già nei primi quaranta minuti della prima, avevamo saltato due missioni secondarie che, con un lieve aumento del World Event Rank, erano divenute non più disponibili.


World Event Rank: il boccone più ostico da mandare giù


Apriamo qui quella che forse è la parentesi più affascinante e discutibile del gioco allo stesso tempo: il World Event Rank. All’interno del gioco, infatti, è presente una sorta di Orologio eventi che determina lo scorrere di un tempo fittizio all’interno del titolo, aprendo la strada verso missioni principali sempre più avanzate, ma chiudendo contemporaneamente portoni alle nostre spalle su richieste e missioni secondarie. Aumentando l’Event Rank anche i parametri dei nemici miglioreranno. Abbiamo definito tale tempo ‘fittizio’ poiché non sono le ore di gioco a determinare l’avanzare di questo indicatore, ma piuttosto i semplici scontri con i nemici (ritirate incluse).


Non è difficile intuire da questo punto di vista quanto sia semplice avanzare il World Event Rank erroneamente all’inizio del gioco: basta trovarsi davanti un dungeon (cosa che accade per altro immediatamente se si sceglie di cominciare con alcuni personaggi) e combattere ingenuamente tutti i nemici presenti. In questo modo si rischia di sbagliare fin dal primo secondo, avanzare il nostro ‘orologio fittizio’ e rendere inaccessibili alcune missioni secondarie addirittura nella prima ora di gioco, proprio come è capitato a noi nella prima run.


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Event Rank a inizio del gioco

Un minimo sforzo in direzione di una maggiore chiarezza è stato fatto dalle riproposizioni di Romancing SaGa precedenti e mantenuto nella versione internazionale, poiché nell’angolo in basso a sinistra del menù potete effettivamente visualizzare il World Event Rank. Tuttavia il gioco non si preoccupa, ancora una volta, di accennare con precisione al funzionamento e all’interpretazione dello stesso.


La chiave di lettura di Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International sta proprio nel legame che noi, da videogiocatori, riusciamo a stabilire con il World Event Rank ed è un peccato che ciò non sia reso più chiaro, poiché, proprio questa lettura determina la differenza tra l’essere vittime frastornate di Minstrel Song e prendere le redini per vivere un’esperienza unica e rara.

PRO

CONTRO

  • Recupero del senso di scoperta e curiosità che è oggi andato un po’ perduto.

  • Componente strategica e ruolistica avanzata per gli anni Novanta e ancora oggi fresca.

  • Colonna sonora sempreverde, che resta nella mente per ore anche dopo aver staccato

  • Una buona localizzazione italiana chiara

  • Dispersivo prima che si entri nel meccanismo, col rischio di bloccare definitivamente alcune quest prima che si entri nelle logiche di gioco.

  • Non sempre c’è chiarezza su cosa evitare nel gioco, quindi il videogiocatore potrebbe penalizzare la propria run in maniera eccessiva già nelle prime ore di gioco.

  • Perennemente sul confine tra lasciare il giocatore libero ed abbandonarlo completamente a se stesso

Oltre trent’anni dopo il lancio originale, passato attraverso un remake e una remaster, Romancing SaGa risorge dalle ceneri di un tempo in cui il JRPG era ostile e ci ricorda che è ancora possibile vivere un romanticismo videoludico fatto di scoperta e avventura. La mancanza di indicazioni è però talvolta fin troppo ostile, al punto che rischia di compromettere la run sin dalle prime ore di gioco. Questo rischio rende Romancing SaGa -Minstrel Song- Remastered International un titolo potenzialmente diviso, nel quale la capacità di godersi l’avventura è strettamente collegata a quella di interpretare le istruzioni, sia esplicite, sia mai professate dal gioco. Resta comunque un gioco di ruolo solido, complesso ed affascinante, soprattutto per coloro che non hanno paura di confrontarsi con run multiple spinti dalla curiosità di scoprire cosa è stato lasciato indietro in passato.

Voto finale: 7.2 / 10


Abbiamo analizzato, per la nostra recensione, le versioni Nintendo Switch 2 e Playstation 5.

Grazie a Keymailer per averci fornito il gioco ai fini della recensione.

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