Sunshine: la recensione
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Sunshine: la recensione

Aggiornamento: 1 nov 2022

Anno 2057, il Sole sta morendo e l’umanità rischia l’estinzione.

L’equipaggio dell’astronave Icarus II ha un solo e unico obiettivo per evitare l’immane catastrofe: lanciare una bomba nucleare dalle dimensioni dell’isola di Manhattan all’interno del Sole, facendo nascere una stella all’interno di una stella morente.

 

Danny Boyle, classe 1956, è un regista poliedrico che nell’arco della sua lunga carriera ha intrapreso vari percorsi narrativi ed esplorato terreni cinematografici molto diversi tra di loro. Tra il cinema indipendente del supercult Trainspotting (1996), il thriller di The Beach (2000) e l’horror di 28 Giorni Dopo (2002), il nostro ha saputo dimostrare alla critica e al pubblico di massa che l’autorialità spesso può andare a braccetto con la commercialità. E’ anche grazie a questi successi commerciali che il regista inglese, coadiuvato dal fido Alex Garland alla sceneggiatura (e autore, come regista, di capolavori come Ex-Machina e Annientamento), riesce a portare sul grande schermo un progetto come Sunshine, film del 2007 uscito abbastanza in sordina nelle sale ma che è riuscito a guadagnarsi, col tempo, la nomina di cult fantascientifico.

Boyle e Garland confezionano un film straordinariamente intelligente, un grande e grosso omaggio al sci-fi dei decenni passati lontanissimo dalle logiche dei superblockbuster come Armageddon (di Michael Bay), oppure dei vari disaster movie più beceri e ignoranti come 2012 (di Roland Emmerich). Sunshine paga pegno alla filosofia di 2001: Odissea nello Spazio e Solaris, alla claustrofobia di stampo industriale di Alien (non a caso la Icarus II somiglia in gran parte alla Nostromo del film di Ridley Scott), al thriller di Terrore nello spazio del nostrano Mario Bava, in un cocktail ben mescolato dove il cast è ben integrato al servizio di uno script che può sembrare banale ad un primo sguardo, ma che in realtà è più profondo di quanto non si possa immaginare. Ovviamente il grosso del lavoro lo fanno soprattutto gli attori, da Cillian Murphy (che ha già lavorato con Boyle in 28 Giorni Dopo) a Chris “Captain America” Evans, passando per il veterano Hiroyouki Sanada (L’ultimo Samurai, Mortal Kombat) alla bella Rose Byrne (X-Men: L’inizio) e a Benedict Wong (Doctor Strange), tutto il cast riesce a portare in scena quel clima di tensione e di conflittualità che solamente lo spazio profondo può dare, riuscendo nell’ardua impresa di rappresentare l’ansia, la paura e gli sbagli dell’essere umano quando è sotto pressione e sotto stress. Nonostante, quindi, la matrice del film sia di puro stampo apocalittico, la pellicola mette in risalto le luci e le ombre della psiche umana, riuscendo nell'ardua impresa di coinvolgere lo spettatore in uno scenario puramente catastrofista, non tanto per quello che il plot narrativo ci suggerisce quanto per la cura nei dettagli con cui è raccontato il tutto, concentrandosi di più sulla figura metafisica del viaggio stellare in un connubio di introspezione mischiata sapientemente all'azione. Niente male per un prodotto che fa dell'indipendenza produttiva il suo marchio di fabbrica.

Nonostante non sfonderà al box-office nel 2007 (anche se l’ottima critica della stampa internazionale rimane dalla sua parte), Sunshine negli anni ha saputo comunque ritagliarsi il suo spazio nei migliori prodotti di stampo fantascientifico del ventunesimo secolo, consacrando la figura di Danny Boyle, portandolo a concepire il film che gli frutterà un premio Oscar alla miglior regia nel 2009: l’acclamato The Millionaire.


VOTO FINALE: 8

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