The First Of Them: Gabriele e Mariano raccontano la loro " sana incoscienza"
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The First Of Them: Gabriele e Mariano raccontano la loro " sana incoscienza"

Aggiornamento: 5 nov 2021

Basato su The Last Of Us, un cortometraggio totalmente made in Italy raccontato alla nostra redazione dai suoi creatori.


 

Alla base di ogni progetto c’è sempre una grande passione, ma questo è un caso davvero particolare. Mariano Caterinozzi e Gabriele Domenighini sono rispettivamente regista e protagonista di un corto fan made ispirato totalmente all’universo di The Last Of Us.


Parliamo di quel mondo devastato dal Cordyceps, il virus letale che ha dimezzato l’umanità.


A livello temporale ci troviamo anni prima del capitolo capostipite della saga, in quel lasso di tempo che va dalla morte di Sara, figlia di Joel, all’incontro con Ellie.


In molti si sono chiesti cosa fosse accaduto a Joel in quel periodo, con che animo avesse combattuto e quali storie si celassero in quegli anni mai raccontanti in cui tutto ebbe inizio.


Mariano e Gabriele illuminano quella zona buia del nostro immaginario e mettono su schermo le loro ( e le nostre) fantasie in un corto che per all’incirca 40 minuti è in grado di non farti mai distogliere lo sguardo, seppur con il fiato sospeso per la tensione, da ciò che si stai guardando.


Nel corso della nostra intervista abbiamo parlato di limiti, paure e ansie ma, come si accennava poc’anzi, questi ragazzi prendono la passione che si cela dietro ogni grande progetto e la plasmano in uno scudo. Questa diventa infatti il motore portante di ogni cosa, la molla motivazionale, la scintilla ed il talismano che protegge dalla paura di una responsabilità dai più considerata troppo grande. La passione diventa tenacia, ostinazione e forza.


Ed è questo ciò che ci raccontano.


Susy:” Partiamo dal principio. Come nasce MnG Video?


Mariano: “Mng nasce da due teste e da due passioni. Siamo due amici d’infanzia innamorati del cinema e dei videogame. Gabriele dal punto di vista cinematografico ha un passato importante, il padre era uno Stuntman e lavorando molto nel mondo del cinema ha avviato i figli verso questa strada. Essendo quindi, come ti dicevo poco fa, amici d’infanzia non era un territorio inesplorato per noi ed abbiamo cominciato da piccole cose, brevi cortometraggi e lavoretti. Il tempo passava, di pari passi con noi cresceva la passione e la voglia di fare qualche cosa di più grande ed indipendente; ma volevamo allo stesso tempo fare qualcosa che ancora fosse inesplorato ai più. The last of us ci è sembrato perfetto. A prescindere dal fatto che fosse quello il titolo che più ci aveva colpito negli ultimi anni, ci siamo detti: “ Perché no?”. Facciamolo. Facciamo qualcosa di nostro, autoprodotto ma provando a trattare un tema che ci tocca da vicino. Da lì nasce MnG Video, che prende vita proprio come un canale ( funfact: il nome deriva dalle iniziali dei nostri nomi: Mariano e Gabriele) che tratta principalmente liveaction di videogame, ovvero trasposizioni cinematografiche dei titoli a cui siamo più affezionati. Abbiamo iniziato con The first of them e in futuro lavoreremo su altri progetti basati su altri titoli (forse torneremo anche su The last of Us) e vogliamo arricchirlo e farlo crescere in questo mondo. MnG nasce quindi con questo scopo e con questo intento.”


Susy:”Io però vorrei entrare più nel vivo: ogni cosa nasce da una scintilla, intesa come il momento che accende il fuoco di tutto e lo rende reale. Qual è stato il vostro momento? Anche magari se riuscite a raccontarmelo attraverso un aneddoto”


Mariano:” Esiste un momento. Tutto è successo un giorno in cui Gabriele era a casa mia. Ogni volta che lui deve fare foto da mandare per i provini cinematografici, rompe le scatole a me ( lol). Quel giorno, mentre armeggiavo con le illuminazioni e sperimentavo rifrazioni particolari per rendere qualche foto speciale, l’ho fatto posizionare sotto un diffusore che tagliava la luce. Destino ha voluto che quel giorno lui avesse una barbetta un pochino più folta ed i capelli più lunghi. Gli ho scattato una foto dall’alto verso il basso in modo tale da creare un poco di ombra sugli occhi e sul mento. Guardandola ne siamo rimasti folgorati. Era Joel. Era davvero lui. La prova del nove è stata postarla sui social. Quasi tutti erano del nostro stesso parere.Io credo molto nei segni del destino e questa era, come l’hai giustamente chiamata tu, la scintilla che cercavamo noi. Tra le altre cose, in tutta onestà, un attore così oggettivamente somigliante a Joel in Italia ne ho visti veramente pochi. A maggior ragione se parliamo di un Joel quarant’enne che poi è il protagonista del nostro cortometraggio.”




Susy: “Volevo fare in tal proposito una domanda a Gabriele. Joel è un personaggio molto complesso, ha dietro di sé una scia profonda di dolore che si porta dietro, infarcita di sensi di colpa, rabbia e tristezza. Parliamo di un bagaglio emotivo molto importante; che tipo di lavoro hai fatto per preparati a questa parte? E quanto ha influito questa consapevolezza sulla scena.”


Gabriele:” Devo confessarti che tutto mi è venuto abbastanza naturale. Avendo giocato al primo capitolo ed avendo terminato anche il secondo ero molto nell’ottica Joel (mio personaggio preferito, anche di Mariano in realtà), infatti noi ci siamo rimasti davvero malissimo alla sua uscita di scena. Siamo stati in silenzio per più di 5 minuti. Noi l’abbiamo giocato insieme, seppur distanti. Io nella mia camera e lui nella sua, in party ed abbiamo condiviso ogni singolo istante. Ci siamo praticamente presi per mano ed abbiamo finito il gioco così.”


Mariano: “Quando è accaduto il fattaccio di Joel siamo stati 20 minuti senza fiatare.”


Gabriele: “Nelle famose diatribe che poi, inevitabilmente, sono scoppiate nella community di The Last Of Us, noi abbiamo sempre empatizzato con Joel. Se noi ci fossimo ritrovati in quella medesima situazione ci saremmo comportati esattamente come lui. Ed abbiamo voluto ricreare tutta la situazione, fotografia, sceneggiatura, personaggio, sfruttando questa somiglianza fisica che secondo molti possedevo ed abbiamo voluto proprio esplorare quella zona oscura, quasi come se fosse il DLC dei nostri sogni! Cosa che volevamo davvero. Amando quel personaggio spesso abbiamo sognato un DLC che ci raccontasse cosa fosse accaduto a quel personaggio prima della redenzione, prima di incontrare Ellie e quindi prima della storia che noi tutti conosciamo. Infatti mi dispiace ammetterlo, ma giocare al secondo capitolo con personaggi totalmente nuovi, non ci ha entusiasmati tanto quanto giocare nei panni di Joel protagonista. È stato così profondo e toccante per noi vedere la crescita e l’evoluzione di questo personaggio che ri-diventa padre prendendo quella ragazzina sotto la sua ala protettiva, era questo per noi, per me l’essenza, l’anima di Joel. Consapevole di questo cambiamento emotivo avvenuto nel corso del primo capitolo, ci siamo chiesti cosa fosse accaduto prima, cosa aveva passato Joel prima di diventare ciò che abbiamo imparato ad amare? Io ho dovuto concentrarmi più che altro sul come un padre reagirebbe ad un dolore così grande come quello della perdita di una figlia e l’approccio anche al mondo nuovo in cui si era ritrovato. Il rapporto fraterno che ho con Mariano ha influito molto, perché non c’era bisogno di parlare. Ci capivamo e questo è essenziale sul set. Perché in quei frangenti come questi ti ritrovi a dover trovare il giusto equilibrio tra quello che stai provando tu e che riesci a trasmettere e quello che vuole da te il registra e con Mariano ci siamo ritrovati sin da subito sulla stessa lunghezza d’onda. È venuto tutto molto spontaneo.”



Susy:” Avete illuminato una zona d’ombra. Joel ed Ellie si ritrovano nelle reciproche mancanze e voi avete concretizzato, reso reale, quel buco nero che Joel si è ritrovato nel petto. Attraverso il corto noi capiamo perché Joel è così nel primo capitolo della saga.

Ma per quanto riguarda le doti attoriali, io avrei una mia personale curiosità. Nelle mie precedenti interviste mi hanno sempre detto che essere un doppiatore significa anche essere un attore. Sono curiosa di sapere cosa ne pensa un attore di questo: essere attore significa anche essere doppiatore?”


Gabriele: “Considera che un doppiatore deve essere assolutamente anche un attore, perché attraverso la sola forza vocale deve andare a trasmettere tutta una gamma di emozioni che un attore mette in atto anche con il corpo e con le movenze. Al contrario potrebbe esistere un reverse. Se uno è un attore poi quando va a cercare di doppiare un qualcosa sa già che corde andare a toccare a livello di tonalità per trasmettere determinate emozioni. La differenza è che il doppiatore ha una dialettica perfetta perché ha studiato dizione; anche se si presuppone che un attore e non solo un doppiatore debba conoscere bene questa materia non sempre è così. Molti attori, anzi, sfruttano la propria cadenza per dare un qualcosa in più al personaggio. La cosa è assolutamente reciproca e, sicuramente, un attore può essere anche un doppiatore perché si trova in una situazione in cui ha più esperienza rispetto a qualcuno che non lo ha mai fatto. Questo comunque non vuol dire che un attore non debba fare dizione. Anzi. Io nel mio specifico caso ne ho fatta poca, anche perché tra l’altro io nel corto mi sono doppiato. E non in italiano, ma in americano con quello specifico slang. E parliamo soprattutto della scena con Sara, mentre muore quella che doveva essere mia figlia tra le braccia. Mi ha praticamente buttato in un campo minato. O ne uscivo vivo o ne uscivo morto. Insomma.”



Mariano: “Ma io gli ho chiesto questa cosa conscio delle sue qualità e delle sue capacità. Quella scena, tra l’altro, è stata surreale da girare. Faceva molto freddo, era buio e c’era moltissima gente sul set. Non è stato facile per un attore girare una scena in queste condizioni, è emotivamente stressante. Infatti i presupposti erano che avremmo dovuto isolarci proprio per assicurare a Gabriele una certa tranquillità. Ma tra il cast tecnico ed altre persone che erano venute a darci una mano, si era inevitabilmente creata una platea mettendolo un poco in soggezione. Ma nonostante questo Gabriele è stato davvero eccezionale.”


Gabriele: "Tra l’altro volevo collegarmi ad una cosa detta da Susy poco fa. Hai detto che siamo andati ad esplorare una zona oscura mettendoci del nostro e ci avete fatto un poco sognare. Queste sono parole bellissime perché andare a fare un cortometraggio su un videogame conosciuto è rischioso. A noi il rischio piace perché ci sentiamo creatori di qualcosa. Arte è creare qualcosa e noi vogliamo essere artisti a 360 gradi attingendo si da un prodotto pre-esistente, ma che ci ha entusiasmati a tal punto da volerne ancora e da scriverne qualcosa come pura e totale ispirazione, con in sottofondo una profonda ammirazione. È stato entusiasmante infatti scegliere ogni singolo istante, il colpo di scena, ogni frase che poi sarebbe andata a collimare con il quadro generale. Dal nostro punto di vista farne un semplice surrogato non sarebbe bastato, non al pari della nostra passione. Dovevamo creare e l’abbiamo fatto in grande con una buona dose, non trascurabile di rischio. Rifare una scena già vista non ti fa lo stesso effetto e tra l’altro, per quanto io mi possa sforzare, sia come attore che come regista, non arriverò mai ai livelli della Naughty Dog che l’ha creato. Lo stimolo maggiore per noi, e questo vale anche per il futuro, sarà creare come dei DLC personalizzati, con loro come protagonisti ma che sia una cosa attendibile che tu da fan del gioco possa dire: “ Sembra quasi uno spinoff del videogioco” . E questa è la nostra linea di azione e la nostra grande soddisfazione. Non ci piace copiare le cose, non ci vediamo arte dentro, non avrebbe senso per noi. Vogliamo metterci qualcosa in più, prendendoci come dicevo prima la possibilità di un grande rischio. Il prodotto poteva non uscire bene, poteva non piacere, non essere credibile, o di essere chiamati addirittura presuntuosi.”


Susy:” Il fatto di mettere in campo qualcosa che sia estraneo alla storia originale non è per niente un’idea così campata in aria, in realtà. Se fosse così non esisterebbero le fanfiction ed il grande seguito che hanno da moltissimi anni. Il fan cerca anche questo tipo emozioni. Ovviamente parliamo di “ storie” scritte e non messe in opera come avete fatto voi, dunque il vostro operato può essere definito come la realizzazione di un sogno di moltissimi fan della saga”


Mariano:” Riuscire a dare alle persone attraverso la realizzazione di un qualcosa che tu hai voluto fare ed in cui credevi è quella la gratificazione maggiore. Al di là delle critiche, quelle ci saranno sempre. Ma è il riscontro con il pubblico, il fatto che a voi sia piaciuto così tanto ne fa valere la pena di tutti gli sforzi. Io sono estremamente critico nelle cose che faccio e molto duro anche con me stesso, però pur essendo consapevole che The First of Them ha delle cose migliorabili (tutto è migliorabile nella vita e bisogna sempre puntare a questo) però è un lavoro che (l’abbiamo pubblicato circa 4 mesi fa) quando mi capita di rivederlo provo sempre un senso di soddisfazione immenso e di orgoglio. L’orgoglio lo provo per ogni membro del cast, ma devo essere onesto, provo questo ancora più forte per Gabriele, al di là dell’amicizia che ci lega lui è stato l’anima, il cuore pulsante di questo progetto. È bellissimo vedere a rendere reale un sogno ed il risultato, la trasposizione finale, è qualcosa che ancora oggi ci lascia un senso di soddisfazione immenso. Il fatto che sia arrivato anche agli altri e che siamo riusciti a trasmettere qualcosa è una gratificazione immensa, ed è in quel preciso momento che ti accorgi che le critiche non hanno ragione di essere, sono fini a sé stesse perché lo scopo l’abbiamo raggiunto. Emozionare al pari di quanto ci siamo emozionati.


Susy:” A livello registico le sceneggiature, le scenografie e le location di The last of Us sono molto caratteristiche perché comunque parliamo di un mondo post apocalittico totalmente devastato. Suppongo sia stato difficile trovare il posto giusto. Hai provato a cercare le tue location basandoti essenzialmente sul videogame o comunque ti sei anche lasciato un “poco di spazio”, di smarginatura basandoti sulla tua idea al di là di quella del videogame?”


Mariano: “Entrambe le cose in realtà. Io e Gabriele abbiamo girato davvero tantissimo per cercare le giuste location in base alla nostra idea e all’intento di esserne fedeli. Un giorno un amico di Gabriele ci ha proposto una fabbrica abbandonata circa a 20 min da casa nostra ed è stato amore a prima vista. Se una cosa mi convince subito allora è quella giusta. Soprattutto per quanto riguarda la parte inerente a Gabriele, ambientata nel 2018 pochi anni dopo l’inizio della pandemia e che quindi richiamasse molto l’atmosfera del primo gioco; perché ci abbiamo tenuto molto a dare un’impronta al nostro corto che richiamasse molto l’atmosfera del primo videogame. Questa fabbrica era un set a cielo aperto gratuito, ed era per noi davvero il posto giusto. Tutta una buona parte della situazione di Joel si è svolta lì. Sulle location sono molto soddisfatto perché tutti i posti li ho trovati giusti per quel momento e quindi non posso dire di essermi accontentato, anzi. Siamo riusciti ad avere il posto giusto per ogni momento del cortometraggio. “


Susy: “The last of Us è una pietra miliare, ci sono videogame che passano alla storia e questo ne è sicuramente uno. Avere questa consapevolezza che peso ha avuto sul vostro lavoro? Vi ha messo ansia?”


Gabriele: “Questa cosa ci ha caricati di responsabilità. Ci siamo guardati e ci siamo chiesti se volevamo farlo davvero proprio su The Last Of Us. Partivamo comunque con un progetto a budget ridotto, questo unito al peso del videogioco in sé crea un minimo di ansia, ma invece che demotivarci questa consapevolezza ci ha dato la carica, è stata la spinta a dare di più. In base a questo pensiero siamo partiti subito a mille, carichi, dando in ogni istante praticamente tutto. A darci quell’input in più è stata anche la consapevolezza di stare mettendo in scena un prodotto totalmente italiano. Di corti stranieri su The Last Of Us ce ne sono molti, credo che potremmo addirittura prenderci il merito di aver fatto un prodotto, anche abbastanza corposo (gli altri corti sono relativamente molto brevi) a livello di “durata”. Un altro nostro orgoglio è di aver aperto una specie di breccia, abbiamo acceso la nostra scintilla ma anche quella degli altri e questo è davvero molto bello. Attraverso noi hanno capito che era una cosa che si poteva fare! Era possibile. Abbiamo fatto da apripista e ci fa molto piacere perché come persone siamo fermamente convinte che se si ha voglia di fare qualcosa, con la giusta passione, nulla è impossibile. E se abbiamo dato questo messaggio agli altri attraverso il nostro lavoro è un ulteriore soddisfazione.”


Mariano: “Più che ansia credo che si tratti di “sana incoscienza”. Non solo eravamo a conoscenza del peso che questo videogioco ha nel cuore dei fan, ma sapevamo anche dell’arrivo della serie HBO. Quando parlo di segnali del destino, mi riferisco anche a questo. Con queste consapevolezze in un contesto differente probabilmente ci saremmo spaventati, ed invece non è stato così! Ti posso assicurare che già mentre facevamo le cose ogni tassello andava perfettamente al suo posto. Non posso dirti che non ci siano stati intoppi, questo sarebbe impossibile. Ma per la mole di lavoro, in maniera direttamente proporzionale, non abbiamo avuto poi dei problemi irrisolvibili. Anzi! Posso dire che ce la siamo cavata alla grande! La risoluzione dei problemi e il loro incastrarsi bene nel nostro progetto, ci spronava ancora più perché significava che stavamo lavorando bene. Abbiamo preso anche quello come un segnale positivo.”


Susy: “Parliamo di un lavoro fanmade, non ci sono grandi sponsor, non c’è la grande pubblicità; vengono a mancare tante cose che avrebbero reso più facile il lavoro. Nemmeno questo vi ha mai generato titubanze, paure? E mi rivolgo in special modo a Mariano in quanto regista.”


Mariano: “Guarda adesso ti svelo un segreto di cui forse nemmeno Gabriele è a conoscenza: la mia tranquillità era dovuta alla presenza di Gabriele e della sua famiglia. E questo ti posso assicurare che sposta la lancetta dell’ansia verso la tranquillità. Sapevo che, in ogni caso, alle mie spalle avrei avuto un gruppo forte. Persone che avrebbero dato il massimo. Quando hai questa consapevolezza lavori più tranquillo ed il resto passa in un secondo piano. Lavorare con un cast sconosciuto, di cui non sai nulla è molto più difficile perché devi creare quella sintonia, quel filo sottile che lega regista ed attori e crea quella magia che poi si vede sullo schermo. Noi tutto questo lo avevamo già ed è stato fondamentale per il nostro lavoro.

A livello organizzativo è stato difficile trovare gli oggetti di scena o magari creare le maschere, ma è stato divertente anche quello proprio perché si era creato un ambiente speciale in cui ero bello stare.

È stata di certo una sfida personale perché comunque non avevo mai girato un corto così lungo, quindi parliamo di paura solo per quanto riguarda la sfida con me stesso, ma il resto è venuto da sé.”


Susy: “Si è creata una bella atmosfera quindi sul set?


Mariano: “Assolutamente. Sono stati all’incirca 13 giorni di riprese completamente in armonia. Ed è questo che ha fatto la differenza. Non posso raccontarti di screzi.”


Gabriele:” Ben vengano lavori del genere! Torni a casa la sera gratificato come se tu fossi un bambino che va al parco giochi e torna a casa la sera. Anzi abbiamo ritrovato la sensazione di non voler tornare a casa perché ci stavamo divertendo ed era tutto troppo bello! Secondo me è anche quello il segreto della vita in generale.”





Susy: “Della trasposizione cinematografica che idea abbiamo?”


Gabriele: “Ho un po’ paura a rispondere a questa domanda perché viviamo in un’epoca in cui dire ciò che si pensa può risultare pericoloso, ma non me la sento di mentire. Premetto che io non ho assolutamente da ridire sul talento e sulle doti attoriali di Bella Ramsey e Pedro Pascal, anzi. Li stimo e ammiro molto e probabilmente per un non fan che si approccia per la prima volta al prodotto loro risulteranno davvero fantastici, e ripeto… lo saranno senza alcuna ombra di dubbio! Il fatto è che quando giochi ad un videogioco entra in gioco un processo di empatizzazione con il personaggio senza precedenti. Ci entri dentro e le azioni di chi stai “manovrando” diventano le tue. Siete una persona unica ed in esso ti riconosci. In base a questo concetto di riconoscimento mi sarebbe piaciuto “riconoscere” il mio Joel anche fisicamente. Ed anche la mia Ellie. Credo che nel vasto panorama del cinema internazionale ci siano molteplici nomi validi, altrettanto bravi ma più somiglianti. Ecco, diciamo che se fossi stato io a dover scegliere, avrei scelto altro. Purtroppo però devo ribadire che nella community in generale non ci sia molta possibilità di esprimere la propria opinione senza essere necessariamente attaccati.”


Mariano: “Se fai un corto e non scegli gli attori giusti la prima cosa che ti dicono è “Gli attori non ci somigliano per niente” però poi da una produzione milionaria questo non lo pretendono. È un po’ un paradosso.



Susy: “Qualche progetto futuro? “


Mariano:” Stiamo facendo prove costume per un prossimo corto basato su Resident Evil e stiamo mettendo insieme location, costumi, diciamo che si è rimessa in moto la ruota”



Susy:” Che rapporto avete con il politically correct e che peso ha avuto nelle scelte per il corto?”


Mariano:” Non ha influito e l’abbiamo rappresentata in toto per come volevamo farla senza porci il problema. Credo dipenda anche dal periodo in cui il gioco è stato rilasciato. Il primo capitolo ha avuto una “gestione differente” rispetto a questo tema e noi basandoci su quel prodotto ci siamo regolati di conseguenza. Il mio pensiero personale è che invece forse si sta, prendiamolo con le pinze ciò che sto per dire, eccedendo in questo senso, rendendo poi il prodotto vagamente forzato verso quel tipo di pensiero. Io penso che per lasciare un messaggio non sia necessaria calcare la mano in maniera eccessiva mentre sembra che adesso sia impossibile produrre senza che l’idea in questione non passi attraverso specifici filtri o non stia sotto specifiche regole. Io non sto dicendo che sia una cosa orribile ma penso che la sensibilizzazione debba partire da qualcosa di diverso, e per diverso intendo una sensibilizzazione che passi attraverso le mura di casa, l’educazione e dalle cose che ti vengono tramandate ed insegnate. Farlo a volte in modo così “netto”, fammi passare il termine, un po' forza l’idea . Il fatto è che se è necessario forzare qualcosa, significa che di base manca. E non dovrebbe. Ripeto, certe tematiche dovrebbero far parte della quotidianità mentre facendo così c’è il rischio che si producano cose che scadono nell’eccessivo. Per come la percepisco io, è un pochino troppo pesante la mano sotto i filtri di determinate tematiche. Un’attenzione eccessiva.”


Susy:”Tu Gabriele come attore ti senti limitato nell’esprimere la tua creatività in base al politically correct?


Gabriele:” Avendo fino ad ora lavorato con Mariano, con il quale viaggiamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda non ho avuto problemi riguardanti questo tema. Nella mia bio di Ig c’è scritto” Odio la dittatura del pollitically correct” perché a certi livelli può diventare una dittatura al contrario. L’educazione al rispetto dovrebbe partire semplicemente dalle mura di casa. Rispetto verso le altre culture e verso diverse opinioni. Trovo anche io eccessive tante cose, come lo screditare capolavori del passato; parliamo anche di film della Disney con i quali noi siamo cresciuti. Nell’epoca in cui viviamo vengono visti come taboo e da censurare. Noi che veniamo da una generazione diversa facciamo sicuramente più fatica a capirlo, se fossimo nati un pochettino più tardi le cose sarebbero state sicuramente diverse. Dal punto di vista recitativo può essere limitativo perché a volte mi rendo conto che ci siano dei determinati paletti che in qualche modo influiscono nell’esprimerti. Ma ripeto, probabilmente vorrei che non ci fosse bisogno di dirlo, perché l’educazione deve partire da casa ed il troppo diventa fastidioso. Forzare la mano non dovrebbe essere necessario.”


Mariano:” La prima forma di sensibilizzazione dovrebbe essere trattare ogni argomento nella forma più naturale possibile senza dare quel senso di forzatura di cui ti parlavo prima, questo è una mia personalissima forma di “normalità”.


Gabriele: “Chi non cavalca diciamo l’onda si trova in qualche modo indietro rispetto agli altri”


Susy: “Secondo te è un mezzo per arrivare alla fama?”


Gabriele: "Si…se l’appoggi totalmente e sottolinei ed evidenzi avrai forse più successo rispetto a chi non lo fa, ma semplicemente perché se ne parla di più. Noi ci siamo concentrati sul raccontare la storia che volevamo raccontare senza basarci sul fatto di dover affrontare determinati argomenti.”


Mariano: “Ecco, nel nostro corto non ne abbiamo sentito il bisogno e non l’abbiamo fatto; ma non significa che siamo contro. È questo il punto. Magari cambiare il prodotto che tu hai in mente per inserisci un determinato argomento, è lì che avverti la forzatura. Ripeto se mi chiedi se c’è una qualche forzatura ti rispondo di sì, ma di certo per me non c’è nessun problema.”


Gabriele:” Il fatto è che si vogliono toccare più realtà, il fatto che dispiace è che a volte lo si fa a discapito della storia. “


Susy:” Domanda per entrambi: cambiereste qualcosa?”


Mariano:” A livello di storia e sceneggiatura nulla, forse alcune scene e alcune cosette, facezie, che ho dovuto girare con poco tempo a disposizione. Con più tempo avrei fatto alcune cose differenti ma solo perché non ne ho avuto modo. Ma questo perché di base uno si deve sempre migliorare, ma in linea generale sono molto soddisfatto.”


Gabriele: “Per come abbiamo strutturato il corto, per quello che serviva a Joel io sento di aver dato tutto me stesso. Non cambierei nulla perché davvero ho dato il massimo. Se un giorno dovessi fare di più è perché mi sarò migliorato io come attore e avrò fatto cose diverse. Su questo corto specifico il massimo che ho potuto fare in quelle condizioni l’ho fatto. Conoscendo alcune scene e studiandole tempo prima, come la scena di Sara, avremmo potuto farla meglio se l’avessimo pianificata da più tempo e provata di più con la bambina o magari fare anche delle prove (cosa che non abbiamo fatto). Difficile dire di un lavoro quando si finisce non cambierei nulla, ma ho dato l’anima e questo per me significa tanto”.


L’intervista si conclude con queste parole intrise di quel senso di orgoglio e passione che fa da colonna portante al corto.


La redazione ne consiglia la visione, in quanto, come già accennato prima, il prodotto permette allo spettatore di spiare dal buco di una serratura che si affaccia direttamente su un sogno.



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