Thor: Love and Thunder, la recensione
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Thor: Love and Thunder, la recensione

Ritrovata la forma fisica dopo aver sconfitto Thanos, Thor (Chris Hemsworth) dovrà vedersela contro Gorr il Macellatore di Dei (Christian Bale), un maniaco che con la sua Necrospada sta facendo mattanza di tutte le divinità.

Riuscirà il nostro eroe a fermare il genocidio riportando la pace a New Asgard?

 

Mettiamo subito le cose in chiaro: Taika Waititi non è un regista che conosce mezze misure.

E non è un autore da prendere con le pinze, il suo stile o si ama o si odia.

Da questo punto di vista il suo primo approccio nel Marvel Cinematic Universe, con Thor: Ragnarok, è stato parecchio contestato e divisorio.

Da una parte c’è chi ha amato la vena comica e il tono colorato che il regista neozelandese ha dato alla pellicola, dall’altra c’è chi ha detestato questa estremizzazione del personaggio, etichettando Ragnarok con il peggiore degli epiteti: un cinepanettone (in salsa comics).


Ma una cosa è dannatamente certa: Waititi ha avuto il coraggio di dare una svecchiata al personaggio di Thor, così cupo e serioso nelle sue precedenti trasposizioni, dando completa carta bianca a Chris Hemsworth.

Dal canto suo l’attore australiano, libero di improvvisare le battute (e a detta di Waititi il 70% di Thor: Ragnarok è improvvisato), ci mette tutto l’impegno del mondo nel trasformare Thor in qualcosa che in realtà non dovrebbe essere: da austero Dio del Tuono a stand-up comedian divertito e irriverente.


O lo ami o lo odi dicevamo, non esistono vie di mezzo.


Era lecito aspettarsi, vedendo anche i toni dei vari trailer, un lecito proseguimento della stilistica di Ragnarok in questo Thor: Love and Thunder.



Love and Thunder è un film coloratissimo, musicale (qui i Guns N’ Roses la fanno da padrone), folle e bipolare: assolutamente in linea col pensiero del regista neozelandese , da sempre abituato alla commedia anche quando gli argomenti dovrebbero essere drammatici (vedere Jojo Rabbit per delucidazioni).

Waititi (qui anche sceneggiatore), inserisce battute, situazioni al limite dell’assurdo e dialoghi surreali in maniera spropositata, tenendo fede al suo retaggio con il Figlio di Odino e rimanendo coerente con l’estetica proposta nel precedente film.

Il problema della messa in scena Waititiana è proprio questa: il non saper bilanciare il dramma e la commedia creando il giusto pathos.

Confondendo lo spettatore con continui cambi di ritmo, Waititi non si rende conto che Love and Thunder soffre degli stessi identici problemi di Ragnarok, a fronte di una minaccia di proporzioni bibliche (e lo sterminio degli Dei da parte di Gorr di fatto è un evento apocalittico) l’archetipo costruito dal buon Taika cozza tremendamente con il dramma personale di un paio di personaggi chiave del film, nonostante questi due archi narrativi siano ben gestiti.



Sono proprio questi due personaggi, completamente agli antipodi, il fulcro della pellicola e, di fatto, la cosa migliore delle due ore di show.

Christian Bale è un attore che non ha bisogno di presentazioni, il percorso narrativo del suo Gorr (introdotto magnificamente nel prologo) è convincente e il villain ha delle motivazioni valide. Il suo essere così tetro e spettrale ben si sposa con l’interpretazione di un inedito Bale, cattivo al punto giusto ma mai sopra le righe.


D’altro canto abbiamo la ritrovata Jane Foster di Natalie Portman, che non vedevamo su schermo dai tempi di Thor: The Dark World.

Il dramma personale di Foster, diventata nel mentre astrofisica di fama mondiale, viene ben giostrato dal regista in maniera consapevole, portando su schermo una tematica delicata come quella di una malattia terminale col giusto rispetto senza mai alzare troppo i toni, bilanciando il personaggio di Jane nella sua transizione da donna morente a Potente Thor.


Si potrebbe dire, quindi, che Thor: Love and Thunder aggiunge un elemento fondamentale che Ragnarok non aveva: il cuore.



L'equilibrio è un concetto poco conosciuto nella mente folle di Taika Waititi. Tra capre perennemente urlanti, i dialoghi sconsiderati da parte di un sempre più becero Korg (interpretato sempre da Waititi in persona), i discorsi deliranti che Thor fa con le proprie armi (una gag fin troppo ripetuta nel corso del film) e scene al limite della sanità mentale, il quarto film sul Dio del Tuono porta avanti il discorso del terzo film amplificandolo all’ennesima potenza. Al netto di tutto l’umorismo folle e sopra le righe, tuttavia, troviamo delle scelte estetiche interessanti (come il combattimento in bianco e nero tra Thor e Gorr) e un paio di archi narrativi vincenti, gestiti bene e con la giusta dose di rispetto a riguardo di tematiche importanti, soprattutto per quanto riguarda Jane Foster. Love and Thunder aggiunge, quindi, l’elemento drammatico gestito meglio rispetto a Ragnarok ma in sostanza siamo di fronte allo stesso identico film.

Due facce della stessa medaglia che si completano, si uniscono e formano il medesimo dogma: se avete amato Ragnarok andrete a nozze con questa quarta pellicola, se invece avete disprezzato lo Zio del Tuono avrete carta bianca per detestare anche Love and Thunder. Voto: 6

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