Death Stranding 2 – Il lato oscuro delle connessioni
- Adriano Ventrone
- 21 lug
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 21 lug
Con la sua ultima opera Hideo Kojima ha voluto ribaltare completamente il punto di vista sulle connessioni ed i rapporti tra persone rispetto a quanto visto e detto nel primo Death Stranding.
Dal 2019 a oggi molte cose sono cambiate, e con esse è cambiato anche il modo in cui guardiamo ai legami e alle connessioni che Death Stranding ci propone. Connetterci ci ha davvero fatto bene?
Attenzione: in questo articolo saranno presenti spoiler sia su Death Stranding che su Death Stranding 2.
L’importanza delle connessioni
Il primo Death Stranding, al giorno della sua uscita, portava con sé un messaggio di fondo che magari all’epoca ci poteva sembrare banale, ma che dopo mesi e mesi di isolamento forzato dovuto alla pandemia ha assunto un peso decisamente più importante; il restare connessi con altre persone è forse una delle fonti di forza che una persona potrà mai avere.
All’inizio del gioco il nostro protagonista, Sam, è un uomo distrutto che dopo una serie di eventi tragici e traumatici nella sua vita ha scelto di tagliare i ponti con il mondo. Affetto da aptofobia, una patologia mentale che gli genera un forte disagio mentale e fisico al momento del contatto fisico, Sam ha deciso di vivere separato dal resto del mondo per dedicarsi al suo lavoro di corriere, provando a spezzare anche i pochissimi legami umani che ancora gli restavano.
Tuttavia, i legami sono difficili da spezzare, e così Sam, inizialmente controvoglia, intraprende un viaggio che ha un forte sapore di autoguarigione oltre che di missione per riconnettere l’America. Durante il suo viaggio, appunto, Sam stringe legami profondi con altre persone, persone che come lui hanno sofferto importanti perdite affettive, ma che in qualche modo, alla fine, riescono a migliorarsi a vicenda.

Questi nuovi legami, neanche a dirlo, saranno fondamentali per Sam nel momento in cui rimarrà bloccato nell’aldilà; ciascuno dei suoi amici, infatti, metterà a disposizione i propri poteri e le proprie competenze, tutte ottenute in modo traumatico, per salvarlo.
Il tutto senza contare di come Amalie, forte di un profondissimo legame con Sam, deciderà di ridargli la piccola Lou per permettergli di ottenere forse il legame più forte di tutti: quello di un genitore con il proprio figlio.
Quindi, cosa c’è di sbagliato in questo messaggio? Death Stranding 2
Apparentemente nulla se decidiamo di osservare solo il lato positivo dei legami e delle connessioni, ma purtroppo ci pensa Death Stranding 2, questa volta, a porre l’accento sui lati negativi dei legami tra persone.
Ci saremmo dovuti connettere?
Il criptico slogan di Death Stranding 2, “Should we have Connected?”, traducibile in italiano come “ci saremmo dovuti connettere?”, inizialmente pareva, appunto, insolitamente criptico e nefasto per il sequel di un gioco che parla di connessioni, ma la risposta a questo enigma arriva proprio nelle prime battute di gioco.
Sono passati undici mesi dagli eventi di Death Stranding, Sam vive felice con Lou, disconnesso dalla rete chirale (per paura di essere rintracciato dalla Bridges) ed i due passano le loro giornate in maniera spensierata, fino all’arrivo di Fragile.
La donna è ora a capo della Dawnbridge, nuovo ente privato che sostituisce la Bridges nell’espansione della rete chirale al di fuori dell’America centrale. Fragile chiede dunque a Sam di raggiungere un avamposto non troppo distante da casa sua dove si trova il buon Deadman che necessita di parlargli, e Sam, molto riluttantemente, accetta a patto che Fragile si occupi di Lou durante la sua breve assenza.
Già da questo avvenimento apparentemente innocuo possiamo notare uno degli aspetti negativi delle connessioni anticipati dallo slogan; convenientemente Fragile è andata a cercare l’aiuto di Sam che, dopo esser diventato praticamente un eroe per l’America, aveva deciso di vivere pacificamente allevando sua figlia, infischiandosene altamente di cosa questo avrebbe potuto comportare per il suo amico, azione che si rivelerà disastrosa di lì a poco.

Fragile ha infatti involontariamente condotto su di sé l’attenzione di un redivivo Higgs che, nel giro di pochissimo tempo riesce a rintracciarla ed attaccare il rifugio di Sam, apparentemente uccidendo Lou.
L’evento, ovviamente, devasta la psiche di Sam, portandolo anche ripetutamente a commettere il gesto estremo di togliersi la vita, salvo poi tornare immediatamente indietro data la sua condizione di redivivo.
Fragile ed i legami di convenienza
Sam è distrutto e, di tutta risposta, Fragile gli propone di buttarsi sul lavoro per svagarsi, chiaramente aiutandola nella sua impresa di riconnettere questa volta Messico ed Australia. Il gesto, chiaramente, è sicuramente scaturito dalla genuina voglia di Fragile di aiutare l’amico in difficoltà, ma la sensazione che in minima parte Fragile (ed altri) si stiano approfittando del lutto di Sam per costringerlo ad aiutarli nuovamente permea il gioco fin quasi la fine della storia.
È fuor di dubbio che il legame tra Fragile e Sam sia forte, ma lo è anche il fatto che dopo essere stata la principale causa di una tragedia, Fragile abbia deciso di indirizzare Sam su una strada tanto di potenziale guarigione quanto conveniente per lei.

Diventa chiaro a questo punto il messaggio dello slogan: le connessioni sono importanti, ma possono anche ritorcersi contro di noi in maniera tragica. Quelle connessioni, quei legami, che appena undici mesi prima avevano favorito Sam nella sua titanica impresa e che lo avevano accompagnato nel suo processo di guarigione, adesso non hanno fatto altro che portargli nuovamente miseria.
Anche l’ossessione è una connessione
Nel capitolo precedente abbiamo parlato di Higgs e della sua rilevanza negli eventi. Higgs, a ridurla all’osso, andrebbe visto come un doppio oscuro di Sam; egli, infatti, oltre ad essere un ex corriere, è soprattutto una persona che vive le connessioni o, meglio, i legami, nel modo più distorto possibile, ovvero come delle ossessioni.

Il suo unico scopo di vita, a questo giro, è quello di far soffrire il più possibile Sam e Fragile, di fatto le uniche due persone da poter colpire con la sua follia. Insomma, mentre Sam ha usato le sue connessioni in modo positivo e di guarigione, Higgs ha fatto di esse la sua ossessione distorta.
Un punto di vista più completo
Comunque, sarebbe assolutamente errato ridurre la forza e l’importanza dei legami a qualcosa di polarizzante etichettandoli solamente in positivo o in negativo, e questo sicuramente Hideo Kojima lo sa.

Per quanto le vicende del gioco pongano indubbiamente l’accento sugli aspetti negativi delle connessioni, non di meno ci parla anche di redenzione, di perdono e di legami talmente forti da perdurare oltre la morte, come nel caso eclatante di Neil e Lucy.
Death Stranding 2 è quindi un titolo che, a differenza del suo predecessore, tratta l’argomento delle connessioni in maniera più duale e complessa, cercando di esplorare più approfonditamente cosa vuol dire veramente essere connessi alle altre persone.
E voi? Cosa ne pensate?
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