La nostra intervista escluvia ad Emanuela Pacotto
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La nostra intervista escluvia ad Emanuela Pacotto

La nostra redazione ha avuto l'onore di intervistare una delle voci più talentuose del doppiaggio italiano: Emanuela Pacotto


Negli ultimi anni per gli attori è diventato quasi “normale” prestare movenze, voci e volti ai personaggi interattivi di videogame e anime, compiendo quel passo in avanti verso l’eliminazione della linea di demarcazione che troppo spesso si palesava tra il mondo del cinema e quello dei videogiochi o degli anime.


Tuttavia, ci sono attori che fanno parte di questo mondo praticamente da sempre e la loro presenza costante ha accompagnato il percorso di crescita di molti appassionati.


Questo è sicuramente il caso Emanuela Pacotto, volto (e soprattutto voce) nota al grande pubblico di anime e manga.


La redazione di Game’n Talk ha avuto il grande onore di intervistare questa iconica attrice la cui carriera è costellata di partecipazioni in prodotti che poi sono diventati cult imprescindibili nella vita di ognuno di loro.


Emanuela comincia a muovere i primi passi nel mondo della spettacolo nel 1975 partecipando a vari concorsi canori ed apparendo in diverse pubblicità, ma il vero e proprio punto d’inizio della sua carriera si può identificare nel suo ruolo di Marika nella trasposizione televisiva di “Kiss me Licia”, “ Love me Licia”.


Da quel momento in poi è stato un crescendo di successi, il solo nome di Emanuela indicava un prodotto di qualità che era impossibile non guardare ed ammirare; stiamo parlando di Bulma in Dragon Ball, Jessie in Pokémon, Nami in One Piece. Ponendo una particolare attenzione al mondo videoludico, Emanuela ha dato voce ad Alice, di Alice: Madness Returns, Claire Redfield del remake di Resident Evil 2, senza dimenticare che è la voce ufficiale di Fortnite della modalità Battaglia Reale.


Ciò che ci ha raccontato Emanuela è un viaggio straordinario che ha dato letteralmente vita ai sogni di molti, ripercorriamone alcune tappe insieme attraverso le sue stesse parole:


Susy: Se tu dovessi dirmi da dove è partita la tua carriera, cosa mi racconteresti?


Emanuela: “Per carriera non so cosa tu intenda, ma se ti riferisci alla mia occupazione principale ovvero quella di essere una doppiatrice, la voce della vostra infanzia, diciamo che tutto è nato un po' casualmente nei favolosi anni 90’ dove io sono diventata per un pizzico di fortuna protagonista del telefilm “Love me Licia” il live action tratto dalla serie famosa anime di “Kiss me Licia”. Io in carne ed ossa interpretavo il ruolo di Marika, l’antagonista ricca e cattiva; ed è in quell’occasione che è nata la necessità di dovermi doppiare (cosa curiosa perché in genere si usa o la presa diretta o, nel caso di un prodotto straniero si usa il doppiaggio) In Love me Licia erano state mantenute, per creare una certa continuità con la serie d’animazione, le stesse voci del cartone animato, quindi tutti gli attori erano stati tutti doppiati dalla voce che aveva doppiato anche l’anime. Per quello che mi riguarda la mia doppiatrice ad un certo punto si è laureata ed è andata a fare un mestiere diverso e quindi nel panico generale di “Oddio e adesso chi doppia la Pacotto, chi è che doppia Marika” qualcuno ha detto:” Vabbè è un’attrice (mi ero diplomata all’accademia d’arte dei filodrammatici) si doppia lei! “e così è stato l’inizio di una folgorante carriera perché non avrei mai immaginato che poi avrei preso questa strada per lungo tempo.

Susy: Quindi se tu mi potessi descrivere, visto che tutto è nato per caso, un momento preciso della tua vita in cui tu sul serio ti resa conto parlando con te stessa, che quello sarebbe stato il tuo mestiere, cosa mi diresti?

E: Dopo Licia è successo che, forse per caratteristiche di voce, mi hanno chiamato per fare un provino per un protagonista di un'altra voce. Io ero totalmente incredula di fronte a ciò perché comunque fino a quel momento io mi ero ritrovata a doppiare essenzialmente solo me stessa, ed invece fatto il provino furono gli americani stessi a scegliermi per interpretare Alvin Rock and Roll, che poi è stato il mio primo protagonista. Quindi diciamo che è stato quello il momento perché io non avrei mai pensato di abbracciare questa come realtà lavorativa importante, ma dopo aver passato un provino così difficile; tra l’altro affiancata da fior fiore di professionisti (accanto a me avevo Marcella Silvestri, Donatella Fanfani) e mi hanno scelta proprio perché evidentemente “funzionavo”. Quindi in realtà io come doppiatrice non ho fatto la gavetta, sono stata letteralmente scaraventata subito nel mondo dei protagonisti con Alvin, quindi forse questo era un segno delle stelle. Non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci o di identificare un momento, è successo."


Susy: "Bellissimo così! Le cose che capitano per caso poi sono quelle scritte dal destino! Ma raccontami un’altra curiosità: doppiare un personaggio in qualche modo significare donare a quel personaggio l’anima e, questo è un mio parere del tutto personale, concettualmente lo trovo molto difficile senza avere la possibilità di utilizzare degli strumenti attivi del nostro corpo come gli occhi e/o le mani. Fatta questa premessa, qual è il personaggio più difficile che ti sei ritrovata a dover doppiare?"


Emanuela: "In realtà non esiste un personaggio più difficile, la difficoltà è circoscritta al momento. Ti porto come esempio Bulma; c’erano momenti in cui questo personaggio straparlava per poi sparire per interi blocchi di episodi; quindi dipende dall’attimo e da ciò che vivono loro. Una cosa però importante che io ci tengo sempre a ribadire è che il doppiatore è prima di tutto un attore che possiede quella capacità di calarsi nel personaggio; anche se poi si parla di un lavoro (come tu stessa dicevi) a livello vocale dove non entrano in gioco le caratteristiche fisiche e che quindi necessitano di un determinato tipo di trasformazione estetica. Parliamo di un percorso diverso, un training mentale che bisogna fare per entrare in sintonia con il personaggio, ed è una cosa che fai prima di tutto come attrice e poi come doppiatrice. Ogni personaggio è una sfida, infatti spesso quando si ci ritrova di fronte ad un personaggio diverso da ciò che hai fatto fino a quel momento lo si prende come stimolo, una vera battaglia tra il doppiatore ed il personaggio da interpretare. Lo si può definire un viaggio. Per cui non è difficoltà ma piuttosto il modo di affrontare ogni volta un’avventura diversa; perché poi , come tu stessa dicevi, davanti al microfono usi solo la voce e non la fisicità, un attore si muove anche nello spazio invece lì devi solo vocalmente ricreare tutta una situazione non solo basata sul come ma anche sul dove."


Susy: Non esiste un personaggio più difficile, ma un personaggio del cuore c’è?


Emanuela:"Guarda un personaggio del cuore c’è e probabilmente mi permette di ricollegarmi anche la domanda che mi hai fatto poco fa. Io sono molto legata al personaggio di Rina/Lina in Slayer ( in Italia Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo) che in qualche modo mi ha indelebilmente segnata. Era il mio primo personaggio da vera protagonista, stra importante in quello che è il mondo degli anime. Questo perché è proprio il mondo degli anime a legare in maniera indissolubile il doppiatore all’appassionato. Ad esempio non ci si appassiona a chi ha doppiato Biancaneve, mentre invece la voce di Bulma o Vegeta creano una linea, un filo conduttore tra noi e voi. Questo concetto è molto solido e radicato in Giappone dove gli anime hanno un peso diverso e dove, di conseguenza, il doppiatore è un idolo insostituibile. Ed ecco spiegato perché Rina è stato il mio personaggio preferito in assoluto, ma non solo per il ponte che rappresenta tra me e voi ma anche per l’animo rivoluzionario di Rina stessa , totalmente fuori dagli schemi per l’epoca! Quello di cui parliamo era il periodo di Sailor Moon tutta carina e graziosa, mentre Rina era tutt’altro che bella e quando le è stato fatto notare si è anche arrabbiata (e non poco). Ciò che importava davvero a livello di trama era la sua forza e la sua potenza, tanto grande da tenere testa a tutti i maschietti della saga. Per questi e tanti altri motivi è stato un personaggio importante per l’epoca ed il mio primo grande personaggio, talmente vincente che è nato il mio fanclub! Per cui forse è stato l’incontro con Rina ad aver segnato in me la consapevolezza che non si trattava solo di un lavoro ma di un mondo di fantasia fantastico io cui ero parte concreta e tangibile. Non era solo un lavoro, ma un pretesto per vivere la mia vita in quella direzione fantastica di cui ti accennavo poco fa."


Susy: "Ben vengano dunque questi casi del destino perché poi ci hanno regalato una doppiatrice straordinaria che è entrata nel cuore di tutti noi appassionati. Tra i tanti riconoscimenti hai vinto anche tantissimi premi, tra cui gli Oscar della Voce.

A parte il fortissimo orgoglio che tu immagino possa aver provato, quali sono state le sensazioni che ti hanno pervasa in quei momenti?"


Emanuela: "Parlando di questo subito mi sovviene alla mente il Gran Premio del Doppiaggio, che in realtà era Gran Premio del doppiaggio voto del pubblico; e questa cosa per me era ancora più importante perché c’era una giuria selezionata con aggiunto, appunto, il voto del pubblico, il quale ha arricchito in maniera positiva il premio già fantastico perché stava a significare che avevo lavorato bene, che ero arrivata a voi; e questo è straordinario se ci pensi. Vedi noi possiamo impegnarci al massimo in ciò che facciamo, ma se poi nessuno ci guarda, nessuno ci segue il nostro lavoro perde un po' di significato. Invece sapere che attraverso la voce riesci, come tu stessa hai ribadito più volte, a far non solo rivivere quel personaggio ma a trasmettere talmente tanto da arrivare dall’altra parte dello schermo e del microfono, è davvero soddisfacente. Quel premio è stato il coronamento di tutto questo. Dare e ricevere tanto e forse addirittura di più. "


Susy: "Bhè noi siamo senza alcuna ombra di dubbio una gran fetta di quel pubblico che poi ti ha premiato. Vorrei porre l’accento anche su un’altra parentesi della tua meravigliosa carriera. Sto parlando del teatro e della televisione. Oltre alla ovvia differenza di fisicità e presenza che c’è tra le due cose, cos’altro mi puoi raccontare di questa esperienza? Anche in virtù di ciò che mi hai detto prima, dell’avere il pubblico dalla propria parte, cosa si prova dunque ad averli fisicamente avanti?"


Emanuela:"Le due cose sono completamente diverse. Il doppiaggio è un lavoro che si può dire si svolge totalmente in “caverna”, al buio dove sei nelle mani del direttore che ha tutti gli strumenti e cerca di far “suonare” questa orchestra. Per quel che riguarda il cinema o la televisione ovviamente il discorso cambia perché ti ritrovi in un set dove ricrei una situazione, una storia, un periodo storico e ti cali nel personaggio e quella storia la vivi con i tuoi compagni di set guidati dal registra; e nonostante il momento di catarsi necessario sei comunque circondato dagli addetti al set. Ma a livello recitativo vocale cinema e doppiaggio vanno di pari passi. La sostanziale differenza la si ritrova con il teatro, perché oltre ad avere a che fare con spazi diverse, per quanto l’acustica possa essere ottimale, lavori con un registro vocale totalmente differente da quello utilizzato in studio. Io ho avuto l’occasione di fare una stupenda esperienza in tour teatrale con Ernesto Calimbri ed è stato tutto diverso e molto particolare, proprio perché è il contatto diretto con il pubblico a cambiare le cose. La cosa straordinaria è che per quanto lo spettacolo sia sempre lo stesso, l’Italia non è tutta uguale! Quello che voglio dire è che se fai uno spettacolo a Milano e fai lo stesso spettacolo a Firenze, Napoli o in un paesino più piccolo, a seconda dalle condizioni meteorologiche, che possa piovere o fare caldo, o basandosi su altre mille varianti, il pubblico in sala cambia sempre totalmente. Ed è per questo che il teatro è una vera e propria palestra, perché nonostante tu possa provare per un mese a tavolino quello che è il copione e imposti ritmi e movimenti, uno spettacolo a teatro è una creatura viva che cambia e si modifica di sera in sera. Tu hai i primi 5 min di spettacolo in cui si apre il sipario ed incredibilmente capisci come andrà la serata. Attraverso una pausa, una battuta, riesci a capire quanto il pubblico possa essere coinvolto da ciò che tu stai proponendo loro e tramite il loro essere coinvolti nello spettacolo ne vengono segnate le sorti. Infatti è molto facile farsi prendere un po' dall’entusiasmo e “peccare” di “arroganza”. Per arroganza intendo “Ecco ora strappo questo sorriso al pubblico”, ed è proprio questa una cosa che io non amo, perché secondo me questo significa andare a cercare il riscontro e la premiazione personale a discapito del ritmo dello spettacolo e della coerenza col personaggio. Per cui, in realtà, ciò che è difficile fare in teatro è sentire il pubblico, coinvolgerlo al punto giusto, tenere alta l’attenzione senza lasciare però che questo intacchi l’anima dello spettacolo o del personaggio interpretato. Io ho un ricordo bellissimo della mia tournée teatrale: facemmo qualche serata di rodaggio, ed in una di quelle sere (a Mirandola nello specifico) finito lo spettacolo venne a trovarmi in camerino una mamma con una bimba piccola; la mamma mi indicò alla bambina la quale non mi riconobbe. Questa cosa è meravigliosa per me perché esprime in toto la magia del teatro. Dunque teatro e doppiaggio sono totalmente differenti, sta all’attore vestire l’abito giusto nella giusta situazione; io mi diverto un po' a fare tutto. Devo dire che mi è mancato il tempo e l’occasione per tornare a fare teatro o cinema o televisione, però ( chi mi segue lo sa) non mi mancano i palcoscenici. L’importante credo per un’artista sia trovare dei modi per esprimersi. Io sono una che si annoia molto quindi ha bisogno sempre di cose nuove, di nuove sfide; magari anche cose che mi spaventano ma che poi mi costringono a mettermi alla prova."


Susy: "A tal proposito, hai nominato i concerti, la tua bellissima voce trova riscontro anche nella musica; perché tu sei anche una cantante!"


Emanuela: "Io ho cominciato a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo proprio cantando. Avevo sette anni, ero piccolissima, e sono entrata in un coro che esiste ancora adesso; si chiama “I piccoli cantori di Milano”. Più che altro era un gruppo di amici con cui ci vedevamo e facevamo casino, però ho cominciato proprio così ed il canto mi è sempre rimasto vicino. Poi ho cominciato a prendere anche lezioni, quindi crescendo l’ho presa un po' più seriamente e se mi capita, canto! Twilight Sparkle canta ed è Emanuela a cantare.

Susy: Che peso ha, nella tua vita, aver interpretato ruoli così iconici?

Io metto lo stesso impegno, la stessa forza, la stessa dedizione, magari anche per un personaggio minore. In realtà è una cosa di cui non ti rendi conto, te ne accorgi dopo di esser diventata la voce di personaggi che poi sono diventati iconici. Nessuno di noi in realtà, quando sono cominciate le serie, avrebbe mai potuto immaginare. Ti senti una responsabilità sulle spalle! Mi viene in mente quando è tornato Dragon Ball dove dopo non so quanti anni, mi sono ritrovata al leggio e mi tremavano le gambe perché ero consapevole dell’attesa che c’era dietro al ritorno e mi sono sentita un po' investita da questa sensazione. C’era anche la forte paura di poter deludere, quindi prima di mettersi davanti al microfono c’è la necessità di dimenticare tutto quello che c’è al di fuori della sala e concentrarsi essenzialmente sul lavoro al fine di svolgerlo al meglio, perché sai che devi dare il massimo proprio perché c’è tanta attesa."


Susy:"C’è differenza nel doppiare un videogame ed un anime, un film… ?"


Emanuela: "È completamente diverso. Un anime, un film, una serie tv; si doppia davanti ad uno schermo con il video che passa e seguendo quindi labiale ed espressione del volto, invece i videogiochi per la maggior parte, non ci sono immagini (dipende ovviamente se hai la voce guida o la prima persona) però in genere è una voce fuori campo che tu ascolti, ma anche nel caso ci fossero delle immagini, spesso e volentieri viene fatto sull’onda sonora e non sull’immagine. Noi quindi ci troviamo sullo schermo degli enormi lombrichi che si muovono sullo schermo e noi dobbiamo iniziare e finire con l’onda. Fortunatamente ci viene in aiuto l’esperienza perché comunque andare in sincro con l’onda non è proprio facilissimo. Personalmente a me cambia molto pensare che non sarò una voce sull’immagine ma una voce riprodotta che accompagna letteralmente il giocatore. Penso a Residen Evil, dove la mia voce era lì a far compagnia alla paura di incontrare gli zombie e di conseguenza mi pongo a livello recitativo e vocale in maniera differente. Un conto è essere sullo schermo ed uno è essere l’amico che accompagna il giocatore nel gioco."


Susy:"Un’ultima domandina. Forse quella più scocciante visto il periodo storico: se e quanto ha influito il covid sul vostro lavoro?"


Emanuela:"Si ha influito, purtroppo tantissimo. Io poi sono di Milano, quindi la Lombardia è stato proprio il fulcro e l’epicentro. Noi abbiamo smesso di lavorare per due mesi, una volta saputo contro cosa stavamo combattendo, adottando le giuste misure di sicurezza, siamo riusciti a tornare al lavoro. Ma nonostante questo è davvero cambiato tutto. In sala per questo motivo ora si lavora uno per volta, portando i propri strumenti. È piuttosto destabilizzante, una volta ci si trovava anche in due al leggio, mentre adesso questo non è proprio più possibile."


L’intervista ad Emanuela si conclude con queste parole; come detto in precedenza ( e come ribadito da lei stessa più volte nel corso dell’intervista)questo è stato davvero un viaggio meraviglioso con la voce che ha accompagnato i sogni e le passioni di milioni di persone; lei rappresenta la finestra, lo scorcio, attraverso cui è stato possibile guardare, in maniera ancora più approfondita, in quel mondo fantastico che ha forgiato le passioni di una intera generazione.

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